Il gender pay gap che non si chiude: gli stipendi delle donne inferiori del 20% a quelli dei colleghi uomini – News

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In Italia le donne hanno un tasso di occupazione di quasi 18 punti inferiore a quello degli uomini e quando lavorano hanno in media una retribuzione giornaliera di circa il 20% più bassa dei loro colleghi.

Questo dipende da vari fattori tra i quali il maggiore utilizzo del part time tra le donne, i più bassi livelli di qualifica e il minor ricorso agli straordinari. E pur essendo mediamente più istruite fanno più fatica a fare carriera. Solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri, infatti è donna. I dati emergono dal Rendiconto di genere presentato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps. 

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“Sono ancora rilevanti – spiega il Civ dell’Inps – le condizioni di svantaggio delle donne nel nostro Paese, nell’ambito lavorativo, familiare e sociale”. Sulla base dei dati riferiti al 2023 il tasso di occupazione femminile è al 52,5%, di 17,9 punti inferiore a quello degli uomini. Per le donne è più difficile che l’assunzione sia a tempo indeterminato con il 18% del totale delle assunzioni a fronte del 22,6% di quelle degli uomini. Tra i lavoratori part time le donne sono quasi i due terzi (il 64,4%) e hanno una percentuale di part time involontario di tre volte superiore agli uomini (il 15,6% degli occupati a fronte del 5,1% dei maschi).

“In tutti i settori economici esaminati tranne le estrazioni di minerali da cave e miniere – scrive l’Inps a proposito del settore privato – gli uomini percepiscono redditi medi giornalieri superiori alle donne. Nello specifico in dieci settori su diciotto esaminati le donne percepiscono più del 20% in meno; nelle attività finanziarie e assicurative le donne percepiscono mediamente il 32,1% in meno, nelle attività professionali scientifiche e tecniche il 35,1% in meno e in quelle immobiliari il 39,9% in meno” (77,9 euro lordi giornalieri a fronte di 129,7). La differenza è pari al 23,7% nel commercio, e al 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione.

Le retribuzioni medie giornaliere nel settore pubblico soffrono di meno il divario di genere anche se, per servizio sanitario ed università ed enti di ricerca le donne hanno una busta paga media inferiore agli uomini di quasi il 20%. Per quanto riguarda il livello di istruzione, nel 2023 le donne hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) sia tra i laureati (59,9%), ma questa superiorità nel percorso di studi “non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro”.

Il 29,4% delle occupate è “sovraistruita” rispetto al lavoro che fa a fronte del 25,4% degli uomini e questa percentuale supera il 40% tra i 25 e i 34 anni. Le donne – si legge nel Rendiconto – continuano a farsi carico della maggior parte del lavoro di cura. Nel 2023, le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne sono state 14,4 milioni, contro appena 2,1 milioni usate dagli uomini. L’offerta di asili nido rimane insufficiente, con solo l’Umbria, l’Emilia Romagna e la Valle d’Aosta che raggiungono o si avvicinano all’obiettivo dei 45 posti nido per 100 bambini 0-2 anni.  

Il divario prosegue e aumenta con le pensioni, inferiori del 47% a quelle degli uomini 

Le donne percepiscono 4.358.170 prestazioni pensionistiche dal Fondo lavoratori dipendenti con un importo medio di 989 euro inferiore di quasi il 48% in media a quelle degli uomini che ricevono 3.261.069 trattamenti con una media di 1.897,8 euro.

La differenza media di oltre 900 euro tra i trattamenti percepiti tra uomini e donne tiene conto del fatto che una parte delle donne non ha lavorato e percepisce solo una pensione ai superstiti e delle carriere più lunghe e con retribuzioni più alte degli uomini. Ma bisogna anche considerare che si tratta di singole prestazione e non dell’intero reddito da pensione che in molti casi è fatto da più prestazioni. Il dato è contenuto nel Rendiconto di genere presentato dal Civ dell’Inps. Nel fondo lavoratori dipendenti ci sono 1.845.394 pensioni ai superstiti vigenti per le donne e 275.204 per gli uomini.

“Sebbene le donne siano numericamente superiori tra i beneficiari di pensioni, essendo 7,9 milioni le pensionate rispetto ai 7,3 milioni di pensionati, scrive il Civ, permangono significative differenze negli importi erogati. Nel lavoro dipendente privato gli importi medi delle pensioni di anzianità/anticipate e di invalidità per le donne sono rispettivamente del 25,5% (2.350,6euro contro 1752,2) e del 32% inferiori rispetto a quelli degli uomini, mentre nel caso delle pensioni di vecchiaia il divario raggiunge il 44,1%” (760,5 euro contro 1.359,8).

“Questi dati – conclude il Civ – sono il riflesso di una condizione di svantaggio che le donne hanno nel mercato del lavoro. Le donne prevalgono numericamente nelle prestazioni pensionistiche di vecchiaia e ai superstiti. Il numero limitato delle donne che beneficiano della pensione di anzianità/anticipata (solo il 27% fra i lavoratori dipendenti privati e il 25,5% fra i lavoratori autonomi) evidenzia le difficoltà delle donne a raggiungere gli alti requisiti contributivi previsti, a causa della discontinuità che caratterizza il loro percorso lavorativo”.

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