Naspi INPS più complicata, dipendenti sempre più penalizzati

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Due importantissime novità sono state introdotte nel 2025 per quanto riguarda l’indennità di disoccupazione dell’INPS. Parliamo naturalmente della Naspi INPS, acronimo di Nuova assicurazione sociale per l’impiego.

Si tratta di una prestazione per i disoccupati, nata durante il governo Renzi con il suo Jobs Act, uno degli atti più discussi e controversi di quell’esecutivo. La Naspi è senza dubbio l’ammortizzatore sociale più utilizzato oggi. E nel 2025 sono state introdotte due grandi novità sul diritto a percepire la Naspi.

Due novità che adesso analizzeremo e che hanno già suscitato ampie polemiche, poiché vanno contro i lavoratori dipendenti che perdono il posto di lavoro.

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“Buongiorno, volevo un chiarimento sulla Naspi e un vostro giudizio. Io ho deciso di dare le dimissioni da un posto di lavoro di almeno 10 anni. Ormai le condizioni erano per me insostenibili, così ho deciso di dimettermi a novembre 2024. A gennaio ho trovato un nuovo posto di lavoro di un mese, dal 18 gennaio al 18 febbraio. Il contratto è scaduto e volevo provare a chiedere la Naspi. Solo che mi dicono che, per prenderla, avrei dovuto trovare un nuovo lavoro di almeno 3 mesi. È assurda questa cosa. Io perdo il diritto alla Naspi così. Vi pare logico?

Naspi INPS più complicata, dipendenti sempre più penalizzati

Le due novità che analizziamo in questo focus nascono per contrastare quello che, ancora oggi, è un autentico fenomeno, ovvero quello dei furbetti della Naspi. Novità che, come vedremo, rischiano però di colpire e penalizzare anche chi furbetto non è. Purtroppo, come ci spiega il nostro lettore, egli si trova in una situazione particolarmente delicata, perché la nuova regola ha di fatto limitato le sue possibilità, mettendolo a serio rischio di rimanere senza Naspi INPS.

La prima novità riguarda i lavori lasciati per dimissioni e le nuove assunzioni susseguenti. Spesso queste assunzioni sono di comodo, ossia stratagemmi utilizzati da datore di lavoro e lavoratore per evitare, da un lato, il ticket licenziamento, e dall’altro per non perdere la Naspi.

I casi sono evidenti: il lavoratore ha interesse a farsi licenziare (e non a dare le dimissioni) per non perdere la Naspi, mentre il datore di lavoro preferirebbe che il dipendente si dimettesse, così da non dover pagare il ticket licenziamento.

Le pratiche che adesso vengono contrastate sulla Naspi INPS

In passato, datore di lavoro e dipendente spesso si accordavano per trovare una formula che soddisfacesse entrambe le parti. Il datore di lavoro spingeva il dipendente alle dimissioni, promettendo una successiva assunzione a termine — magari in un’azienda compiacente — che, al termine di un breve contratto, avrebbe consentito al lavoratore di recuperare il diritto alla Naspi perso con le dimissioni.

Ora è arrivato un vincolo che limita queste pratiche: le nuove assunzioni, per essere valide ai fini del ripristino del diritto alla Naspi, devono avere una durata non inferiore a 3 mesi. Una misura che, sebbene pensata per contrastare gli abusi, finisce per colpire anche chi, in modo del tutto casuale, trova un lavoro di breve durata — proprio come accaduto al nostro lettore.

Per la Naspi INPS dipendenti spesso di spalle al muro, ecco perché

È evidente che questa rappresenti una discriminazione per i dipendenti, perché, pur essendo virtuosa nella lotta alle pratiche illecite, la nuova regola finisce con il penalizzare situazioni reali e non forzate, come quella del nostro lettore. Ma c’è anche una seconda novità da tenere presente, che solleva le stesse perplessità: un meccanismo che consente al datore di lavoro di licenziare senza pagare il ticket licenziamento, equiparando il licenziamento a dimissioni volontarie.

Infatti, si parla di licenziamento indotto. Se un dipendente si assenta ripetutamente senza giustificazioni, il datore di lavoro può procedere a un licenziamento per giusta causa. E questo, per la legge, equivale a dimissioni volontarie. Ne consegue che, in tali circostanze, non spetta la Naspi.

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Troppe assenze ingiustificate, la disoccupazione INPS diventa un miraggio

È chiaro che una nuova norma di questo tipo lasci spazio a problematiche non trascurabili. Chi si assenta per più di 15 giorni senza fornire motivazioni sufficienti può essere licenziato per giusta causa, come già avviene da tempo.

La differenza è che ora questo tipo di licenziamento, considerato “indotto”, equivale a delle vere e proprie dimissioni volontarie sul piano del diritto alla Naspi. Il risultato è che il dipendente, anche senza aver formalmente presentato le dimissioni, perde il diritto alla disoccupazione solo per aver, di fatto, “costretto” il datore di lavoro a licenziarlo con un comportamento considerato scorretto.

È facile prevedere caos in simili casi, poiché così si concede al datore di lavoro la facoltà di licenziare per assenteismo. E senza dover corrispondere il ticket licenziamento, disconoscendo anche eventuali motivazioni fornite. Di conseguenza, la Naspi INPS rischia di diventare un miraggio per molti lavoratori.



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