Nella guerra ibrida contro le democrazie si gioca il futuro dell’Occidente. Il libro di Molinari

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I conflitti in Israele e Ucraina mettono l’Europa di fronte a una sfida che ha a che fare con la sopravvivenza dell’Occidente. Le autocrazie minacciano l’ordine globale e la risposta deve essere unitaria in particolare sulla costruzione di una Difesa comune. A maggior ragione di fronte a un’America che considera l’Ue non più un alleato ma un partner. Il convegno di Centro Popolare sull’ultimo libro di Maurizio Molinari, La nuova guerra contro le democrazie (Rizzoli)

25/02/2025

Sarebbe troppo semplice distinguere tra buoni e cattivi. Però è necessario – nel solco della massima churchilliana – avere ben scolpito un concetto: per quanto imperfetta, la democrazia è l’unico antidoto contro il nero stivale dell’autocrazia.

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Se è vero, per dirla con le parole della senatrice di Centro Popolare Maria Stella Gelmini, che quello di Maurizio Molinari è “un libro di verità scomode” è altrettanto vero che la presa di coscienza sulla portata dei conflitti, anzi, del conflitto in atto è “quanto mai urgente”.

La nuova guerra contro le democrazie (Rizzoli) è in qualche modo una bussola per orientarsi nelle difficoltà dei giorni nostri. Un libro, presentato ieri in Senato alla presenza degli ambasciatori di Ucraina e Israele, Yaroslav Melnyk e Jonathan Peled, che aiuta a meglio comprendere da che parte della storia (e del presente) deve stare l’Occidente.

La posta in gioco è altissima: la sopravvivenza.

C’è un filo rosso che lega le autocrazie sul piano globale: dalla Cina alla Federazione Russa, passando per la Corea del Nord, finendo con l’Iran. L’obiettivo? “La destabilizzazione delle democrazie”. A dirlo, introducendo il dibattito, è la deputata Mara Carfagna che, dall’osservazione della situazione mediorientale, allarga lo spettro fino ai confini d’Europa.

“Non esiste un conflitto israelo-palestinese – scandisce – bensì l’aggressione di gruppi terroristici che hanno commesso crimini efferati contro uno stato democratico. Hamas è sostenuta dall’Iran in chiave anti-occidentale. E tutte le risoluzioni dell’Onu che hanno condannato Israele rappresentano uno schiaffo per lo stato ebraico, a cui noi abbiamo il dovere di essere alleati. L’Iran vuole l’annientamento di Israele, non uno stato palestinese”.

Per cui, se l’Occidente – benché con molte titubanze – non avesse sostenuto Israele “ora vedremo sventolare la bandiera di Teheran. Così come se non avessimo sostenuto l’Ucraina, ora vedremmo la bandiera della Federazione Russa. Ci troviamo davanti a una prova epocale che ha come suo epicentro l’Europa. Una sfida esistenziale”.

Per cui “o l’Ue avrà il coraggio di parlare come unica nazione, riformando se stessa – chiude Carfagna – oppure il rischio è soccombere a favore delle autocrazie. Dobbiamo avere il coraggio di fare debito per sostenere, finalmente, una difesa comune europea”.

L’auspicio che esprime la senatrice Giusy Versace è che il libro dell’ex direttore di Repubblica venga “fatto leggere ai ragazzi nelle scuole”. Non solo perché “chiarisce le insidie rappresentate dalle autocrazie, ma perché ci mette davanti alla preziosità della democrazia, che non va mai data per scontata”.

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Le parole dell’ambasciatore ucraino, risuonano dall’ultimo avamposto della libertà occidentale.

“Corea del Nord, Russia, Cina e Iran hanno formato un solido asse per destabilizzare le democrazie occidentali – scandisce – una vera e propria alleanza contro il mondo libero, sostenuta in larga parte da una rete di strutture finanziarie corrotte e da una propaganda pericolosa”.

Per questo il libro dovrebbe rappresentare “uno stimolo per l’Europa a fare decisi passi in avanti per la costruzione di una strategia di difesa comune e di una revisione della politica economica. In gioco, in questo momento, ci sono i valori che hanno da sempre caratterizzato il mondo libero a partire proprio dall’Unione Europea”.

Anche il diplomatico israeliano, non solo guarda in faccia i nemici esterni ma accusa a più riprese “l’Onu e l’Unesco” per aver “avviato da tempo campagne di legittimazione contro Israele” nel tentativo di “riscrivere la storia” e provare a “cancellare il legame con Gerusalemme”.

Dal 7 ottobre in avanti, analizza Peled, “abbiamo assistito a un conflitto che ha come obiettivo quello di minare le basi dell’Occidente”. Hamas è “un’organizzazione terroristica, braccio armato dell’Iran”. Un Paese che dal 1979 “predica apertamente la distruzione dello Stato ebraico e finanzia anche altri gruppi terroristici”.

Insomma le ragioni del pogrom vanno ricercate più a fondo. Un tentativo di “minare gli Accordi di Abramo, immaginati per una normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita” ma anche un mezzo per “distogliere l’attenzione dal conflitto in Ucraina”.

E qui si arriva alla decisione della Corte penale internazionale che ha emesso il mandato di cattura per il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

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L’ambasciatore sul punto è molto chiaro. “Quando la Cpi mette sullo stesso piano il leader di un Paese democratico e i jihadisti, apre una voragine enorme che potenzialmente potrà riguardare anche altri leader democratici un domani. In questa fase, la difesa di Israele rappresenta una lotta più ampia contro l’autoritarismo”.

Ragione per la quale “occorre, ora più che mai, rafforzare le relazioni tra gli stati democratici”, conclude Peled “difendendo la libertà che ci siamo faticosamente guadagnati”. Relazioni che dovrebbero coinvolgere anche l’Italia. “Paese – chiude – al quale ci sentiamo fraternamente legati”.

Tra il capogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, Lucio Malan e il democristianissimo Pier Ferdinando Casini, ci sono diverse similitudini di pensiero.

La capacità analitica affonda nella storia, a cavallo tra le due fasi della Repubblica.

“Anche negli anni ’70 – ricorda Malan – le autocrazie erano molto potenti. Governavano metà Europa, per non parlare di cosa fu l’Urss. Tuttavia, la politica occidentale all’epoca, era capace di evitare che queste forze si unissero. Una grande capacità che invece oggi manca, motivo per il quale la situazione odierna presenta forse più insidie”.

A indebolire il blocco occidentale, oggi, c’è anche un fattore di tipo economico. “Non siamo più – osserva il senatore meloniano – economicamente preponderanti come lo eravamo negli anni ’70. A questo si aggiunge che nel secolo scorso c’era probabilmente una maggiore coscienza di cosa significasse la libertà e del valore che essa aveva. Oggi, anche per una strana forma di autolesionismo europeo (molto evidente ad esempio nel comparto delle auto, dove si sono aperte voragini in favore della Cina e a detrimento della nostra manifattura), tutto questo non c’è più”.

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Inevitabile, nel ragionamento complessivo, un passaggio sulle elezioni tedesche che hanno visto il trionfo della Cdu-Csu.

Un’affermazione della quale “sono profondamente soddisfatto”, sentenzia Casini. Ma non poteva essere altrimenti.

“Non capisco certe esitazioni – ammette – in Germania, paese serio che ha sempre sostenuto sia Ucraina che Israele, hanno vinto le due forze che hanno costruito l’Europa”.

Dopo più di qualche critica alla nuova amministrazione statunitense (oltre che al governo guidato da Netanyahu), Casini spiega che su un punto Trump “ha ragione”.

“L’Europa non può pensare di essere sempre ospitato al banchetto degli Stati Uniti – dice – ma deve cominciare a pagare il conto. Ovvero: deve cominciare a investire fortemente nella difesa europea come forza di dissuasione, elemento attorno al quale si può costruire davvero la pace. Ma i soldi i Paesi europei li devono mettere in Difesa, convincendo l’opinione pubblica che è la cosa giusta da fare”.

In questo solco si inserisce anche l’organizzatrice del convegno Maria Stella Gemini che, stimolata dalla moderatrice Giovanna Pancheri, rilancia sulla necessità di un maggiore impegno europeo.

“L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia – analizza – ci ha risvegliati dall’illusione di una pace perenne alle nostre latitudini. E la difesa di Ucraina e Israele sono due facce della stessa medaglia: sono le democrazie occidentali a essere in grave pericolo”,

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Ecco perché “l’Europa deve uscire dalla dimensione di nanismo politico, persuadendo i cittadini che “Difesa comune è sinonimo di libertà. Ma occorre un impegno serio, specie sul piano economico che intrecci le traiettorie indicate dal presidente Draghi nel suo rapporto”.

Se è vero che i toni di Trump sono “bruschi e non condivisi da noi” è altrettanto vero che “degli Stati Uniti abbiamo ancora bisogno” e “chiedere di scegliere da che parte stare – come fa la sinistra – tra Usa e Ue è semplicemente da irresponsabili”.

Per il nostro Paese, a maggior ragione dopo l’affermazione di Merz in Germania, potrebbe aprirsi – secondo l’autore del libro – una “straordinaria occasione” perché Giorgia Meloni dovrà essere “un interlocutore naturale della Cdu”.

Sul rapporto fra l’Ue e gli Usa, Molinari spiega il cambiamento di paradigma a cui stiamo assistendo dal momento dell’insediamento della nuova presidenza.

“Trump – spiega – non cerca un alleato, bensì un partner. Sta chiedendo all’Europa che si assuma le proprie responsabilità”.

Per il Vecchio Continente tutto questo può trasformarsi in una “grande opportunità”.

“Sulla Difesa – aggiunge Molinari – dobbiamo essere una nazione sola. In questo la Germania si presenta, dopo le elezioni, con una maggiore consapevolezza sull’esigenza di robusti investimenti per la Difesa comune europea. Posto che, in questo ragionamento, deve essere incluso anche il Regno Unito”.

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Più nello specifico, parlando del contenuto del libro, Molinari si sofferma su un concetto che fa da filo conduttore all’intero saggio.

“Le autocrazie – dice ancora l’autore – vogliono cambiare l’ordine mondiale e l’errore più grande che si possa commettere, come occidentali, è quello di considerare i due conflitti (in Ucraina e in Israele) come fenomeni separati. Se ci dividiamo, facciamo il gioco di chi attacca le democrazie”.

A fronte, dunque, di “un passo indietro degli Stati Uniti, l’Europa deve farne uno avanti dimostrandosi capace di lavorare per aumentare i vincoli legati alla spesa e destinare maggiori risorse sulla Difesa. Una prima importante risposta, è arrivata da Parigi e da Londra. Adesso occorre lavorare uniti per perseguire questo obiettivo, dimostrando che la sicurezza di Israele e dell’Ucraina corrispondono alla nostra sicurezza”.



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