L’Adriatico respira | il manifesto

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L’area di mare che si estende nell’Adriatico meridionale, tra la Puglia e l’Albania, può finalmente tirare un respiro di sollievo. E’ infatti arrivata lo scorso 6 novembre la notizia dell’istituzione, da parte della Commissione Generale della Pesca nel Mediterraneo (CGPM), della più estesa riserva marina dell’Adriatico, dove la pesca di fondo sarà vietata o fortemente ridotta. Dopo anni di proposte e negoziati per proteggere quel tratto di mare la decisione è stata adottata all’unanimità, e prevede una serie di misure tra cui il divieto alla pesca di fondo in un’area centrale (di oltre 1.900 km2), e una forte riduzione della pesca in una zona cuscinetto di circa 700 km2.

PRESENTATA ALLA COMMISSIONE nel 2018 da MedReAct (organizzazione attiva nella tutela del Mediterraneo ) e dall’Adriatic Recovery Project, la proposta di istituzione di una FRA (Fishery Restricted Area) nel Canale di Otranto ha innalzato il livello di attenzione internazionale su quest’area così ricca di biodiversità. Tanto che la questione è stata oggetto nel 2018, di un appello sottoscritto da 17 organizzazioni ambientaliste di tutta Europa, in rappresentanza di migliaia di cittadini, che hanno chiesto alla Commissione europea di tutelare gli ecosistemi marini vulnerabili e le zone di ripopolamento e accrescimento degli stock ittici dell’Adriatico meridionale attraverso l’istituzione di un’area chiusa alla pesca.

NON SOLO, NEL 2020, 16 ORGANIZZAZIONI ambientaliste italiane si sono appellate all’allora ministra Terranova e nel 2021 oltre 100 ricercatori di 37 Università e centri di ricerca italiani hanno lanciato un ulteriore appello al Governo italiano per istituire con urgenza un’area protetta nel Canale di Otranto. Una mobilitazione da parte sia del mondo scientifico sia di quello ambientalista che, insieme alla lunga campagna di MedReAct, e alle voci dei piccoli pescatori che da anni lamentano il rischio imminente di una desertificazione dell’Adriatico, come documentato da un cortometraggio di 33 minuti realizzato in Puglia nel 2018 dal titolo Anche i pesci piangono vincitore di numerosi premi, raccoglie finalmente i suoi frutti nella decisione del 6 novembre scorso. «Dopo un lungo iter negoziale – ha dichiarato Domitilla Senni, di MedReAct – la proposta è stata finalmente recepita grazie al lavoro dell’Unione europea, dell’Albania e agli esperti adriatici della CGPM. Riteniamo che questo sia un grande risultato per la tutta CGPM ma in particolar modo per l’Adriatico, uno dei bacini più sovrasfruttati di tutto il Mediterraneo» .

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IL CANALE DI OTRANTO RAPPRESENTA l’unico punto di scambio idrico tra il bacino Adriatico e il resto del Mediterraneo. Grazie alla presenza di ripidi pendii, il suo fondale raggiunge una profondità di oltre 900 metri creando un habitat dalle caratteristiche uniche che ospita coralli bianchi di profondità, aggregazioni di spugne, nonché alcuni dei più importanti giardini di Isi della elongata del Mediterraneo.

L’ISI DELLA ELONGATA, nota anche come corallo bambù, è una ormai rara gorgonia che svolge un ruolo importantissimo nel formare colonie che si arricchiscono di specie e che sostengono zone di riproduzione e accrescimento di specie commerciali come gamberi, naselli e scampi, aumentando la biodiversità marina. Inoltre, questa zona costituisce un habitat ideale per il sostentamento di specie vulnerabili come delfini, tartarughe marine, diavolo di mare, e le balene di Cuvier. L’Adriatico meridionale è anche caratterizzato da zooplankton di mare aperto, noto anche come krill, e habitat di profondità con un’elevata ricchezza di invertebrati marini.

LA DECISIONE DELLA CGPM fa seguito anche agli straordinari risultati ottenuti dall’istituzione, nel 2017, sempre su proposta dell’associazione MedReAct, di una zona di restrizione della pesca nell’area della Fossa di Pomo, tra l’Italia e la Croazia. In quest’area, in soli pochi anni si è visto uno straordinario aumento della biomassa di scampi e naselli, tanto che gli stessi pescatori italiani, inizialmente molto contrari alla chiusura, ne sono diventati i difensori. Lasciando tempo e spazio al mare di rigenerarsi infatti le zone confinanti all’area sono diventate molto più ricche e pescose.

«L’ISTITUZIONE DI UNA «FRA» NEL CANALE di Otranto – dice Domitilla Senni – oltre a favorire il recupero di stock ittici in grave sofferenza, la conservazione di specie marine e habitat vulnerabili , rappresenta un ulteriore passo verso una protezione più ampia del Mediterraneo attraverso l’istituzione di una rete di riserve marine , chiuse alla pesca intensiva. Queste misure possono contribuire a salvare il nostro mare dallo sfruttamento intensivo a cui è sottoposto da decenni e ridare un futuro agli stessi pescatori, sempre più in difficoltà per la disastrosa diminuzione degli stock».

IL MEDITERRANEO, CHE CON LE SUE 17 MILA specie, il 7,5% di quelle presenti a livello globale, rappresenta un concentrato di ricchezza e biodiversità, è però uno dei mari più sfruttati al mondo: negli ultimi 60 anni ha perso oltre il 40% dei grandi predatori e mammiferi marini, il 58% degli stock ittici è sovrasfruttato e molte specie sono in preoccupante declino. Nelle sue acque operano circa 73.000 pescherecci.

NONOSTANTE LA CONTINUA RIDUZIONE della pressione di pesca complessiva (diminuita del 31% dal 2012) questa è ancora il doppio del livello considerato sostenibile. Secondo una recente previsione del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (IPCC), più di 30 specie endemiche del Mediterraneo rischiano di estinguersi entro la fine del secolo.



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