chi vuole cambiare la giustizia e perché

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Il nazionalismo è una ideologia che ha sempre avuto bisogno, per accendere gli animi e conquistare consensi e seguaci, di un nemico esterno. Il sovranismo è un neologismo entrato di recente nel lessico del dibattito politico. Come il nazionalismo, ha bisogno di un nemico per meglio mobilitare i suoi accoliti e partigiani. Ma questo nemico è soprattutto interno. Anche se ispirato da fattori e forze internazionali il nemico dei sovranisti è il sistema di principi, regole e valori che hanno governato il Paese negli anni precedenti. Il populismo può considerarsi il collegamento ideologico tra questi due fenomeni, in quanto entrambi, per affermarsi, hanno bisogno di un riferimento diretto ai concetti astratti di popolo e nazione. «I populismi, allorquando vanno al potere, come oggi in Italia, aggiungono un’intrinseca vocazione anti-rappresentativa e anticostituzionale, proveniente da due perversioni ideologiche dell’idea di democrazia. La prima è l’identificazione dei vincitori delle elezioni con il popolo, degli eletti con gli elettori, della volontà del ceto politico con la volontà popolare, dei rappresentanti con i rappresentati. La seconda è la riduzione della democrazia all’onnipotenza della maggioranza governativa assunta quale espressione diretta della sovranità popolare, e quindi la negazione di quel tratto distintivo della democrazia costituzionale che è l’insieme dei limiti e dei vincoli sostanziali imposti dalla Costituzione alla legislazione e più in generale ai poteri politici» (L. Ferrajoli, L’alleanza perversa tra Sovranismi e Liberismo, Costituzionalismo, 2019, fasc. 1).

Seguendo il ragionamento di Antonio Scurati (Fascismo e populismo, Bompiani, 2023, p. 31), si delinea all’orizzonte del nostro presente un pericolo per la qualità della democrazia. Una trasformazione dalla classica democrazia parlamentare liberale alla c.d. democrazia autoritaria, con alcune regole tipiche del populismo, quali appellarsi al senso di insicurezza e di paura delle persone e passare dalla paura all’odio nei confronti di chi non riconosciamo come rassicurante, i diversi sia da un punto di vista culturale che religioso che sessuale. L’odio e la paura cementano molto più di un consenso positivo, ben più difficile da raggiungere. Per le paure bastano gli slogan, che sono la semplificazione di problemi complessi e che hanno come unico scopo quello di esorcizzare la paura, non certo quello di affrontare il problema complesso. Un’ottica, quella populista, miope, esattamente l’opposto dei nostri padri costituenti. Assistiamo, dunque, a una brutale semplificazione della complessità della vita moderna.

Il nemico di questa nuova destra, per tutto l’occidente, è rappresentato dai migranti, latinos per gli Usa e africani e asiatici per l’Europa, sempre più dipinti come feccia dell’umanità che tentano di praticare la sostituzione etnica (il ministro Lollobrigida lo ha detto esplicitamente) e soppiantare la nostra cultura e la nostra religione. Una riflessione anche solo superficiale sulle tematiche dell’inverno demografico basterebbe per capire che i migranti non sono il problema ma la soluzione, l’unica, al declino dell’occidente. Ma un nemico serve e non può che essere l’ultimo, il più fragile in termini di difesa e di diritti perché il più facile da aggredire e calpestare. E tutti quelli che si oppongono alla sopraffazione in nome dello Stato di diritto, dei valori delle Costituzioni occidentali nate dalla rivoluzione francese (liberté, égalité, fraternité) sono pericoli per il nuovo sistema, sono amici dei nostri nemici e quindi nemici.

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I magistrati, la Corte Costituzionale, la Corte Europea di Giustizia sono tutti ostacoli al disegno di “arginare l’invasione” e persino un torturatore conclamato come Almasri deve essere liberato e riportato in patria per poter continuare a svolgere il suo ruolo di argine e di controllo, a qualsiasi costo. Di qui il livore e l’accanimento nei confronti della magistratura perché il rispetto delle regole viene visto come sovversivo in un contesto in cui l’unico giudice possibile per l’ottica populista è quello che agisce nell’interesse della maggioranza.

Per questo la cosiddetta riforma della giustizia non può che essere letta come volontà di ridurre gli spazi di autonomia della magistratura. Dopo aver ridotto gli spazi di libertà dell’informazione ed eliminato una serie di reati tipici degli amministratori infedeli, inserendo nel contempo una miriade di nuovi reati per riempire le carceri di meno garantiti, di chi si oppone, di chi manifesta, con la modifica costituzionale della magistratura si vuole stravolgere l’assetto costituzionale della giustizia (https://volerelaluna.it/commenti/2025/01/20/riformare-la-giustizia-o-scardinare-la-democrazia/). La proposta tocca sia la composizione del Consiglio Superiore della Magistratura e la sua sezione disciplinare (con l’istituzione dell’Alta corte disciplinare) sia la figura del pubblico ministero per attrarlo nell’orbita dell’esecutivo, mentre, in parallelo, con l’adozione dei cosiddetti criteri di priorità (dettati, secondo il ministro Nordio, dal Governo) si limita anche l’obbligatorietà dell’azione penale. Quanto poi all’altro obiettivo dichiarato dalla riforma, cioè il superamento delle correnti nella magistratura (obiettivo da raggiungere con l’estrazione dei magistrati per comporre il Consiglio superiore della magistratura), è facile ricordare che in effetti c’è stato un periodo in cui non c’erano correnti nella magistratura ed è durato un ventennio, nel quale i magistrati non hanno certo evidenziato particolari doti di autonomia ed indipendenza. Un’ultima annotazione sul punto. I giudici “scomodi” sono tutti, per la maggioranza di governo, “comunisti”: non solo quelli di Magistratura Democratica, la corrente progressista, ma, da ultimo, persino il Procuratore della Repubblica di Roma Lo Voi, esponente della corrente conservatrice, autore di decisioni sgradite nei confronti della presidente del Consiglo e di alcuni suoi ministri… ( https://volerelaluna.it/controcanto/2025/02/14/toghe-rosse-e-camicie-nere/).

La riforma costituzionale della giustizia una volta approvata dalle Camere necessiterà, se non avrà ottenuto la maggioranza qualificata del due terzi, di un referendum confermativo per poter entrare in vigore. E non servirà raggiungere il quorum perché, a differenza del referendum abrogativo, basterà ottenere un voto in più per far prevalere il si o il no. Se si dovesse fare oggi il referendum sulla giustizia credo che vincerebbe chi vuole separare le carriere perché sono in pochi a comprendere le conseguenze per la democrazia del nostro paese. Conseguenze pesantissime perché, secondo chi vuole la riforma, «la democrazia consisterebbe unicamente nel potere della maggioranza uscita vincente dalle elezioni: un potere che si vuole accreditato come espressione della volontà popolare e che perciò non tollera né limiti, né vincoli, né controlli» (così L. Ferrajoli, Poteri selvaggi e resistenza costituzionale, il manifesto, 11 febbraio 2025). L’esperienza in tema di raccolta delle firme per il referendum sull’autonomia differenziata (pur poi escluso dalla Corte costituzionale) deve spingere tutti quelli che hanno a cuore l’attuale assetto costituzionale ad iniziare da subito un intenso lavoro di incontri e formazione sul tema della giustizia per impedire che la macchina della disinformazione (l’esempio della liberazione del carnefice libico è recentissimo) porti ad aumentare il livore nei confronti dei magistrati trasformando il referendum in una lezione da dare ai giudici.



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