L’Italia riapre le miniere di terre rare. La prima in Sardegna ricca di fluorite per le batterie

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Sono 76 le miniere presenti in Italia, chiuse tra gli anni 80 e 90. Sono state mappate la scorsa estate dall’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca ambientale, con l’intenzione di riaprirle per estrarre i 17 diversi materiali che nascondono, e ridurre così la dipendenza dagli altri Paesi dai quali li importiamo. E invece di queste 17 materie prime oggi ne estraiamo solo due, feldspato e fluorite. L‘attività in Italia, infatti, è pressoché ferma da decenni, rendendoci dipendenti da altri Paesi. In questi giorni il tema delle terre rare è tornato d’attualità perché al centro del possibile accordo tra Stati Uniti e Ucraina, ma già dall’estate scorsa il nostro Governo ha deciso di recuperare il gap favorendo la ripresa delle attività: lo scorso luglio è stato infatti approvato il decreto 84/2024 che regola l’approvvigionamento sicuro e sostenibile di queste materie prime critiche e strategiche presenti in poche riserve molto limitate, ma la cui domanda è in costante aumento perché necessarie alla transizione tecnologica e verde. 

RIAPRE LA MINIERA DI SILIUS

La prima miniera che riprenderà le operazioni di estrazione è quella di Silius, in Sardegna, a 50 chilometri da Cagliari: all’interno ci sono ancora oltre 3 milioni di tonnellate di fluorite, minerale strategico perché usato in combinazione con altri materiali per realizzare le batterie agli ioni di litio. Dopo 11 anni di iter burocratico è arrivato il via per poterla riaprire. La concessione l’ha ottenuta la Mineraria Gerrei, società nata da un’associazione temporanea di impresa tra altre due aziende di Brescia e Bergamo, grazie anche a un finanziamento di Aruba, leader in Italia per i servizi cloud. Lo stanziamento iniziale è di 50 milioni di euro ed è previsto l’impiego di un centinaio di addetti. La partenza delle estrazioni dovrebbe avvenire entro fine anno con l’obiettivo di recuperare almeno 70 mila tonnellate l’anno di fluorite, oltre a 6800 tonnellate di galena.

UN MILIARDO PER LE RIAPERTURE

Dopo quella sarda, potrebbero tornare in attività altre miniere: delle 76 mappate dall’Ispra, in 22 sono presenti materie prime strategiche. Il decreto approvato a luglio dovrebbe rendere più agevoli le procedure, visto che ha ridotto gli iter autorizzativi a 18 mesi, e servirà a rispettare anche gli obiettivi europei che prevedono tra l’altro un import per singolo Paese inferiore al 65%. In più nei giorni scorsi il ministero dell’economia ha sbloccato il decreto attuativo del Fondo nazionale per il Made in Italy che prevede lo stanziamento di un miliardo di risorse pubbliche per favorire proprio gli investimenti nel settore delle materie prime critiche: 700 milioni arriveranno il primo anno, gli altri 300 il secondo. Dovrebbero servire a sbloccare progetti per riattivare le miniere oggi ferme, oltre che per creare una filiera di lavorazione delle materie prime importate.

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IN ITALIA 17 MATERIE STRATEGICHE

Delle 34 materie critiche e strategiche classificate dall’Unione europea, le 17 presenti in Italia sono per lo più rame nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, in Trentino, Carnia e Sardegna. Ma sia in Liguria che in Toscana ci sono anche importanti giacimenti di manganese. Ci sono anche siti ricchi di feldspato, minerale essenziale per l’industria ceramica, oltre a quelli in cui è presente la fluorite, come nella miniera sarda di Silius, che ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione.

IL RUOLO DELL’ISPRA

Le materie prime critiche rappresentano il nuovo oro. “Secondo un rapporto dell’Union europea già nel 2030 la domanda di cobalto, ad esempio, sarà 18 volte maggiore di adesso e quella di litio 5 volte maggiore – spiega Maria Siclari, direttore generale Ispra – Cobalto e litio sono essenziali per la realizzazione delle batterie per i veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia. Il nostro compito è quello di definire il piano nazionale minerario, cioè le aree più promettenti dal punto di vista minerario, partendo dalla realizzazione di un database dei dati minerari pregressi”.

IN CINA LE RISORSE MAGGIORI

Questi giacimenti sono di interesse strategico per molti Paesi: lo sa bene Donald Trump che infatti ha messo le terre rare al centro del possibile accordo con l’Ucraina. Gli Usa, pur avendo qualche risorsa, non sono infatti tra i primi Paesi al mondo ricchi di queste risorse.  I dati più recenti dell’United States Geological Survey indicano che le riserve di terre rare mondiali sono stimate attorno ai 90 milioni di tonnellate: la maggior parte, 44 tonnellate, sono in Cina. Al secondo posto, con 21 milioni, c’è il Brasile, seguito dall’India con 7 milioni di tonnellate. Oggi l’Italia importa per lo più da Cina e Stati Uniti.



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