È uscito il nuovo rendiconto parità di genere INPS

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Il nuovo rendiconto di parità di genere presentato dall’INPS mette in luce le disparità di genere che ancora oggi, in Italia, non accennano a diminuire. Vediamo perché

Il rendiconto di parità di genere 2024, presentato a metà febbraio dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, mette in evidenza le disuguaglianze tra uomini e donne in ambito lavorativo, sociale ed economico nel nostro Paese. I dati raccolti per l’anno 2023 dipingono un quadro inquietante di divari che ostacolano ancora il progresso verso una piena parità, creando inevitabilmente importanti problematiche sociali.

Rendiconto di parità di genere INPS: tasso di occupazione e disuguaglianza salariale

Il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2023 si è fermato al 52,5%, un dato significativamente inferiore al 70,4% degli uomini, con un divario di addirittura 17,9 punti percentuali. Ma non è finita qua: le donne, pur essendo più istruite, faticano ad accedere ai ruoli di vertice: infatti, basti pensare che solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri sono donne, segno di un incessante e progressivo blocco della carriera a causato da discriminazioni di genere. Inoltre, anche il gap salariale tra generi persiste in modo preoccupante. In media, le lavoratrici guadagnano circa il 20% in meno rispetto ai colleghi maschi. Differenze ancora più marcate si registrano in alcuni settori specifici, come nelle attività finanziarie (32,1% in meno), nelle attività professionali (35,1% in meno) e nei servizi immobiliari (39,9% in meno).

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Il peso del part-time e della precarietà

Una delle ragioni di questo divario retributivo risiede nella maggiore incidenza del lavoro part-time tra le donne, che costituiscono il 64,4% dei lavoratori part-time. A questo poi, si aggiunge un fenomeno preoccupante: il part-time involontario. Il 15,6% delle donne occupate è costretta a lavorare a tempo parziale contro il 5,1% degli uomini, a causa di contratti precari e a tempo determinato, con solo il 18% delle assunzioni femminili che si traducono in contratti a tempo indeterminato, contro il 22,6% degli uomini. Ovviamente il motivo è il peso del lavoro di cura unicamente sulle spalle della madre.

La maternità è purtroppo ancora un forte blocco in un paese che non concepisce un ruolo paritario dei genitori in famiglia

Gli uomini infatti, non vengono assolutamente penalizzati se hanno la volontà di diventare genitori, anzi a volte, quasi ne beneficiano.

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L’inadeguatezza dei servizi di supporto alla famiglia

Nel 2023, le donne hanno utilizzato 14,4 milioni di giornate di congedo parentale, contro soli 2,1 milioni di giornate utilizzate dagli uomini. Tale squilibrio è aggravato dalla carenza di servizi adeguati per la prima infanzia, includendo un’offerta di asili nido che non soddisfa le necessità. Quest’ultimo dato è particolarmente presente in alcune regioni del sud Italia piuttosto che in altre, ma rimane comunque insufficiente in tutto il Paese.

Le difficoltà di carriera e l’accesso ai ruoli dirigenziali

Nonostante la già citata superiorità delle donne a livello formativo, (i dati indicano un 52,6% delle diplomate e un 59,9% delle laureate nel 2023), la disparità di genere persiste nei livelli di carriera.

La disparità nelle pensioni

Le disuguaglianze non si fermano al mercato del lavoro, ma si estendono anche al campo delle pensioni. Sebbene le donne siano numericamente superiori tra i beneficiari di pensioni (7,9 milioni di pensionate rispetto a 7,3 milioni di pensionati), gli importi erogati sono decisamente inferiori. Le pensioni delle donne nel settore privato, sono inferiori di oltre il 20% rispetto a quelle degli uomini, con un divario che arriva a toccare il 44,1% per le pensioni di vecchiaia. Ovviamente tale divario riflette le difficoltà delle donne nell’accumulare contributi sufficienti per ottenere pensioni più alte, spesso a causa delle già citate carriere discontinue e precarie.

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NEET e inattività femminile: un quadro allarmante

Il tasso di inattività delle donne, pari al 42,3%, è significativamente più alto rispetto al 24,3% degli uomini e anche questo non ci stupisce. Tra i giovani, la condizione di inattività è particolarmente preoccupante nelle regioni del Sud, con le ragazze tra i 15 e i 34 anni che rappresentano una percentuale molto alta tra i NEET (Not Engaged in Education Employment or Training) fenomeno che colpisce più intensamente la Sicilia (30,4%) e la Campania (28,5%).

Verso una parità effettiva: l’appello delle istituzioni

Il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, Roberto Ghiselli, sottolinea che per affrontare la discriminazione di genere è necessario intervenire su molteplici fronti, non solo nel mercato del lavoro, ma anche nel sistema familiare, nei modelli organizzativi e nella cultura sociale. Solo con l’impegno congiunto di istituzioni, politiche e associazioni sarà possibile superare le attuali disuguaglianze e creare un contesto di parità reale.

Il rapporto dell’INPS delinea dunque un quadro di disuguaglianze che, seppur in parte migliorato negli ultimi anni, richiede un impegno continuo e condiviso per favorire l’integrazione e l’accesso delle donne a tutte le dimensioni della vita economica e sociale del Paese.



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