Bologna, dai bus gratis negli anni Settanta al biglietto più caro d’Italia: cosa è successo nella città vetrina della sinistra italiana

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di
Olivio Romanini

Dal primo marzo scattano gli aumenti decisi dal sindaco Matteo Lepore, con la città che protesta. Nel 1973 l’esperimento che aiutò a creare il mito della Rossa Bologna: un’utopia finita a causa delle risorse scarse degli enti locali

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Poco più di cinquant’anni fa, il 2 aprile del 1973, Bologna sperimentava, unica in Italia, gli autobus gratis per tutti. Da oggi (1 marzo) invece scattano gli aumenti sul costo del biglietto del bus decisi dal sindaco Lepore che faranno di Bologna la città più cara d’Italia per il trasporto pubblico. 

La sperimentazione del sindaco Renato Zangheri (come andò quell’esperimentoavveniva in un’altra città e in un altro mondo, e il suo fu un sogno che sarebbe tramontato nel giro di poco tempo. Ma quella scelta era un segno per la città, già da tempo vetrina della sinistra italiana, travolta poi dal ’77 e dai tempi cupi che seguirono. Quello del «compagno professore» era un salto in avanti in linea con il tentativo di esercitare una certa egemonia e con le ambizioni della capitale rossa. 




















































Bologna la «città rossa» e il mito di un simbolo in Occidente

L’utopia veniva finanziata dal disavanzo dell’azienda locale dei trasporti. Anche se l’obiettivo era già allora quello di togliere le macchine dalle strade ce n”era uno più alto, di carattere politico: il bisogno di creare un totem e un’atmosfera magica.  

Perché Bologna non era più solo la città dei quartieri e degli asili nido migliori del mondo (anche se quelli erano quelli di Reggio Emilia) ma diventava anche la città dove si viaggiava gratis. La scelta di Zangheri serviva ad alimentare il mito di Bologna, sede della più antica Università del mondo, pellegrinaggio di molti giovani e dove c’era la federazione comunista più g rande dell’Occidente. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e la città è profondamente diversa, non in meglio o in peggio, è diversa e basta. E i conti non tornano più. 

Quei conti negli enti locali che non tornano più

Tper, l’azienda dei trasporti, deve chiudere i bilanci in pareggio o sarebbe meglio dire in utile, le spese dell’amministrazione crescono anche per far fronte alle frequenti alluvioni e alla malattia della Torre Garisenda, colpita dagli scricchiolii inesorabili del tempo. E per questo serve mettere le mani nelle tasche dei cittadini, pesantemente. Non è una bella espressione ma dà l’idea di quello che succede da mesi sotto le Due Torri. 

Perché non c’è solo il biglietto del bus o il City pass che aumenta, ma tanto altro. La sosta delle auto per chi ancora si avventura in centro con la propria automobile, le rette dei nidi, i taxi, un servizio che con un eufemismo potremmo definire non all’altezza. Per non parlare dei prezzi della città esplosi a causa dell’inflazione, dei soliti furbetti e dei turisti, che, almeno loro, sorridono sempre anche quando strisciano la carta di credito dopo l’ennesima fregatura. 

Un caro vita che adesso attanaglia Bologna

Nessuno si impoverirà per pagare 2.30 un biglietto dell’autobus, (più di Londra come ha ricordato sul Corriere di Bologna, il capo della sede Rai, Stefano Tura che è stato a lungo corrispondente dalla capitale britannica) ma come ha riconosciuto lo stesso Lepore il biglietto del bus è un simbolo, come lo era cinquant’anni fa. Ed è un simbolo che cambia verso e paradigma rispetto ai quei lontani Settanta. 

Perché, per dirla con i sindacati, il bus è il diritto per tutti di muoversi, anche per chi non è ricco, ed è una sorta di welfare che dovrebbe essere toccato per ultimo, come la sanità. Il sindaco si è detto disposto a fare delle modifiche e a ragionare su altre esenzioni. 

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L’era dell’utopia che è finita da un pezzo

Ma la strada è stretta perché per chiudere i bilanci servono risorse e da qualche parte bisogna andarle a prendere. L’era dell’utopia era finita da un pezzo, ma ora il sindaco deve governare un’altra fase perché la città rischia di battere in testa e di avere una crisi di sviluppo: per la mitica classe media la città rischia di non essere più sostenibile. E non certo solo per gli autobus. 

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1 marzo 2025

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