Effettua la tua ricerca
More results...
Mutuo 100% per acquisto in asta
assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta
«Il passato non finisce mai di sorprenderci»: esordisce con queste parole la giovane archeologa Anna Giulia De Marco, ricercatrice del Medjehu Project, parte integrante del team che ha scoperto la tomba di Thutmosi II, il primo faraone ritrovato dopo Tutankhamon. Giovane talento, originaria di Baronissi in provincia di Salerno, l’egittologa e ricercatrice è parte integrante dell’équipe internazionale britannico-egiziano, diretta dal Supreme Council of Antiquities e dal New Kingdom Research Foundation, artefice della scoperta.
Anna Giulia, perché è così prestigiosa la scoperta archeologica?
«Thutmosi II appartiene alla XVIII dinastia del Nuovo Regno (1539-1077 a.C.) ed ha regnato per un periodo breve tra il 1483-1480 a.C. Tra i faraoni di questa dinastia – tra cui si annovera anche Tutankhamon – era l’unico di cui non era stata ancora trovata la tomba. Non si sapeva dove fosse nascosta. In realtà la scoperta è un po’ casuale. Lavoro all’interno di questo scavo dal 2020, nell’area del Theban Western Wadis, a 2,5 chilometri dalla Valle dei re. In particolare, mi occupo dello studio degli oggetti in legno. Nell’ambito della missione cercavamo un deposito di una principessa, probabilmente la figlia di Thutmosi II; invece, è venuta fuori la tomba che, dopo due anni, è stata confermata come reale».
Museo Diocesano Donnaregina, capolavori del ‘600 napoletano: i cataloghi delle mostre
Quali sono state le fasi di recupero?
«La tomba era stata ritrovata nel 2022 era all’interno di un letto di un fiume, ormai secco, in cui si erano accumulati tutti i detriti di alluvioni. Dopo essere stata svuotata, è stato possibile studiarla. È una pietra miliare che ci ha permesso di analizzare uno dei bastoni del re, un oggetto cerimoniale, su cui è inciso il suo cartiglio, realizzato in Dalbergia, noto come ebano del faraone: un legno prestigioso utilizzato per oggetti di alto rango. La scoperta di questi manufatti apre nuove strade per la ricerca».
Com’è la sua vita da ricercatrice?
«Vivo per mesi interi in Egitto e faccio grandi missioni di scavo sul campo. L’archeologia per l’Egitto è turismo. Noi italiani non abbiamo ancora compreso che potrebbe essere un’entrata economica principale. Invece in Egitto si porta alla luce il passato che è il fondamento della cultura, per sensibilizzare il pubblico contemporaneo».
Le piacerebbe lavorare in Italia, magari anche al Sud e in Campania, dove insistono i due importanti siti di Paestum e Pompei?
«Io sono innamorata della nostra terra. Ho seguito con entusiasmo l’annuncio di ieri di una straordinaria domus a Pompei e Paestum è uno dei miei siti preferiti. Mi piacerebbe lavorare qui, ma nell’ambito dell’Archeologia è fondamentale specializzarsi in un settore. La mia prima passione è stata l’Egittologia fin da piccola e mi sono specializzata in questo».
Qual è il suo legame con Baronissi?
«I pochi momenti liberi che ho li trascorro sempre a Baronissi. Sono cresciuta in questa città. A 18 anni mi sono trasferita a Pisa per studiare Orientalistica, con a seguire dottorato in sinergia con il Museo Egizio di Torino. Qui vivono ancora i miei genitori e le mie migliori amiche».
Negli ultimi decenni le discipline umanistiche sono state sottovalutate in favore di quelle scientifiche.
«La tecnologia è diventata fondamentale anche nel campo umanistico. L’intelligenza artificiale si sta sviluppando anche nel nostro settore. Ad esempio, si sta tentando di creare dei sistemi di traduzione simultanea dei geroglifici. Noi utilizziamo l’archeometria per l’analisi degli oggetti in legno, per approfondire le conoscenze del materiale, per capire con quale specifico legno è stato prodotto e dove è stato realizzato l’oggetto, attraverso analisi anatomiche al microscopio di piccoli campioni».
Oggi che sfida si pone? Qual è il suo sogno?
«Nell’Egittologia il legno è un materiale poco indagato, per questo motivo nel 2021 è stato fondato il Medjehu Project da me, Gersande Eschenbrenner Diemer (direttrice) e Lisa Sartini: il nostro obiettivo finale è la creazione di un “Wood Institute” dedicato allo studio e alla conservazione del patrimonio ligneo egizio. Attraverso le nostre analisi riusciamo a capire il network delle relazioni commerciali. Oggi, se si apre un database di un museo, ci sono i dettagli su numerosi materiali, ma non per il legno. Siamo un progetto indipendente. Da 12 anni lavoro in Egitto: sul campo ci vuole grandissima esperienza, lo scavo però non lo si può imparare sui libri. Ci vuole tantissimo lavoro».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link