Ravenna, 4 marzo 2025 – I nodi sono tanti e ben conosciuti: le difficoltà del Pronto soccorso, la mancanza di personale, i tempi di attesa per visite ed esami. Problemi di cui soffre tutto il mondo sanitario e che si sentono anche a Ravenna. Nei giorni scorsi il nostro ospedale, in particolare, si è posizionato 92esimo (su 133) nella classifica della rivista americana Newsweek, ultimo in Romagna e penultimo in regione. “Ma quanti si sono davvero letti i criteri con cui vengono formulati i giudizi?” si chiede il direttore generale dell’Ausl Romagna Tiziano Carradori.
Carradori, ritiene ingiusta la valutazione?
“Di classificazioni ce ne sono tante, nei giorni scorsi abbiamo visto anche i risultati basati sulla griglia dei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Ma uno stesso oggetto valutato con strumenti diversi o a seconda del soggetto scelto per la valutazione può dare risultati diversi. Per questo è necessario che i criteri siano condivisi e si basino su evidenze. Tra i criteri di valutazione di Newsweek non ci sono gli esiti. Come è possibile definire una struttura sanitaria come ’di alta qualità’ senza tenere conto degli esiti sanitari? Lo trovo uno strumento molto debole”.
Quali sono i criteri che contesta?
“Il 92,5% del punteggio è la conseguenza di giudizi o raccomandazioni di un gruppo di esperti. Un’altra parte va in base ad accreditamenti e certificazioni: noi ci troviamo in un accreditamento istituzionale, ma non abbiamo l’accreditamento come strutture di riabilitazione, né abbiamo certificazioni per le quali si paga. In compenso in Italia abbiamo il piano nazionale Esiti che valuta volumi ed esiti di salute. Uno degli indicatori è la mortalità evitabile, e l’Italia è uno dei Paesi col dato più basso. Da questo punto di vista Rimini è nona, Ravenna undicesima e Forlì-Cesena 24esima. Certi ospedali americani ai primi posti della classifica di Newsweek non hanno buoni risultati…”
I professionisti hanno giudicato negativamente l’ospedale di Ravenna?
“Non so come vengano selezionati, si tratta di un sondaggio globale con 40mila esperti in oltre 20 Paesi. Non erano consentite solo le autoraccomandazioni. Ho moltissimi dubbi, francamente, sulla robustezza metodologica di quella classifica”.
Qualcuno ha legato il basso punteggio di Ravenna alle difficoltà del Pronto soccorso. Qual è la situazione ora?
“Se è per questo qualcuno attribuisce anche le problematiche nel reclutamento di personale alla classifica, ma se fosse così dovrebbero essere in difficoltà solo gli ospedali agli ultimi posti, mentre su questo fatica anche il Niguarda di Milano (il primo in classifica in Italia, ndr). E il fatto che, per esempio, Cesena sia meno in difficoltà di Ravenna è legato al fatto che è più facile da raggiungere e che ci sono caratteristiche strutturali che possono attrarre di più, ma non è per il funzionamento. Attualmente comunque abbiamo un’alta domanda di accessi per limiti che ancora non abbiamo superato nell’ambito dei servizi territoriali e non si trovano medici, nonostante abbiamo fatto oltre 20 concorsi in 4 anni”.
Quanti ne mancano?
“Circa il 30%. Con l’ampliamento del Pronto soccorso di Ravenna ci vorrà almeno il 10% di personale in più rispetto alla dotazione organica piena. E anche gli infermieri dovranno aumentare. Facciamo sempre concorsi sperando di reclutare”.
A proposito dei lavori in corso per l’ampliamento: come procedono le cose?
“I tempi di ristrutturazione sono presidiati all’ennesima potenza. A giugno sarà pronta una prima parte mentre l’area dei codici rossi, che è l’ultima, sarà pronta entro dicembre. Alla fine avremo un Pronto soccorso di dimensioni più che doppie rispetto quello che conoscevamo fino a qualche mese fa”.
Un altro nodo sono le prenotazioni per visite ed esami, con tempi molto lunghi. State pensando a misure da mettere in campo?
“Abbiamo già aumentato enormemente la produzione e i miglioramenti non sono significativi. In tutta la Romagna abbiamo prodotto oltre 220mila prestazioni in più nel 2024 rispetto al 2023, ma la sofferenza è ancora considerevole in quanto a tempi di attesa. Inoltre il contributo del privato accreditato per le visite, non solo a Ravenna ma in generale, è molto limitato”.
C’è stata una riduzione dell’impegno del privato?
“No, ma non c’è stato l’aumento che ci aspettavamo e nemmeno la metà di quello di cui avremmo voluto che si facesse carico per quanto riguarda le visite”.
Questione di costi?
“Anche, ci sono sia motivi di tariffario che il fatto che anche loro hanno problemi a reperire personale. E poi c’è un altro fatto: abbiamo uno dei tassi di consumo di visite ed esami più alti dell’Emilia-Romagna, tra il 30% e il 50% in più, ma la nostra popolazione non ha condizioni di salute più precarie. Quindi noi abbiamo aumentato il volume di produzione e in Romagna abbiamo corrisposto ai nostri medici e alle strutture private 14 milioni di euro in più, eppure i risultati non sono pari allo sforzo profuso. È tutto lavoro aggiuntivo per medici e infermieri e ci costerebbe meno della metà assumere più professionisti”.
Il presidente della Regione Michele de Pascale nei giorni scorsi ha annunciato che aumenterà le tasse per finanziare la sanità. Questo aiuta?
“Quella del presidente e della giunta è un’operazione di grande coerenza e correttezza a fronte di un sistema sanitario sottofinanziato per il livello che ha. Questa regione ha deciso che non ha alcuna intenzione di ridurre i livelli assistenziali e i servizi, anzi: ha intenzione di continuare a migliorarli. Non è sufficiente, però, a risolvere una situazione di gravissimo sottofinanziamento che non può essere colmata con un’operazione fiscale della Regione. Questo però ci consente di non fare tagli e continuare col potenziamento dei servizi territoriali”.
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