BRASILE. Il processo a Bolsonaro per il golpe cambia le carte in tavola

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La procura della repubblica del Brasile ha accusato l’ex presidente Jair Bolsonaro, assieme ad altre 33 persone, di aver ordito un colpo di stato per impedire l’insediamento del presidente in carica Luiz Inácio Lula da Silva dopo le elezioni del 2022, così come di aver cercato di avvelenare Lula e altri rappresentanti del PT. Secondo l’accusa, l’organizzazione criminale era guidata da Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza, il generale Walter Braga Neto. Il processo a Bolsonaro arriva in una fase storica in cui le destre post fasciste in America Latina e nel mondo occidentale guadagnano sempre più spazio. Per parlare del Brasile, delle destre e della situazione a livello globale anche dopo l’inizio del secondo governo Trump abbiamo intervistato il sociologo Carlos Eduardo Martins, Dottore in Sociologia e Professore presso l’Università di San Paolo, Brasile, Professore Aggiunto e Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche presso l’Università Federale di Rio de Janeiro.

Il processo contro Bolsonaro per il tentato golpe del 2023 e il possibile avvelenamento di Lula cosa cambia in Brasile?

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La possibile condanna di Bolsonaro per la denuncia da parte della Procura Generale è un fatto nuovo in Brasile, perché il Brasile è l’unico paese del continente delle dittature degli anni ’60, ’70 e ’80 a non aver stabilito una giustizia di transizione tanto che si è fatta una legge di amnistia che ha reso impuniti i crimini del terrorismo di Stato. I militari sono rimasti come una sorta di quarto potere, ponendo dei limiti allo sviluppo della democrazia brasiliana.

Questa concezione della legittimazione del colpo di Stato del 1964 in Brasile è sempre stata dominante nelle forze armate.

Si sa che il colpo di Stato del 1964 viene chiamato dittatura militare, ma è un termine impreciso, il termine migliore sarebbe dittatura militare del grande capitale, perché circa 6.000 soldati furono espulsi dalle forze armate: i militari nazionalisti e legalisti sono stati espulsi, di fatto sono stati colpiti dalla dittatura funzionari pubblici militari sei volte di più che i funzionari pubblici civili.

Quindi, questo è un fatto nuovo, anche perché il Brasile ha firmato il Trattato interamericano sui diritti umani e in base a tal trattato i crimini continuativi sono crimini che devono subire sanzioni penali e la legge di amnistia, quindi, non coprirebbe i crimini di sparizione forzata. Però la Corte Suprema Federale del Brasile, nel 2010, si è pronunciata a favore della legge di amnistia ignorando le conseguenze del Trattato interamericano sui diritti umani.

Quindi questa denuncia contro Bolsonaro e i militari che hanno tentato il colpo di Stato l’8 gennaio 2023 è un punto di svolta. Una svolta che si articola anche con una nuova offensiva contro la legge di amnistia così la Corte Suprema Federale sta cercando di far rispettare le norme del Trattato interamericano sui diritti umani.

Verrà creato un meccanismo giuridico per affrontare l’ala fascista delle forze armate brasiliane.

Questo è di per sé uno sviluppo molto importante.

Dobbiamo tenere d’occhio come andranno le cose.

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Penso che ci siano buone possibilità che Bolsonaro sia condannato così come il gruppo che ha lavorato con lui, perché oggi dentro al  Supremo Tribunale Federale del Brasile c’è una maggioranza legalista.

È molto difficile per Bolsonaro sfuggire a una condanna a 40 anni di carcere; per le leggi brasiliane potrebbe uscire con un sesto della pena, ma è una situazione molto difficile per lui.

Per di più Bolsonaro non potrebbe accedere all’amnistia, nemmeno se il prossimo presidente lo volesse a meno che non sia supportato da una maggioranza in parlamento dei 2/3 e così cambiare la costituzione.

Credo sia una situazione importante.

Affrontare così le forze armate fasciste è l’espressione di un’alleanza tra il centrosinistra con settori della borghesia brasiliana più tradizionale e più internazionalizzata, settori che si sentivano minacciati dal progetto politico dittatoriale di Bolsonaro. Era chiaro che Bolsonaro voleva promuovere quella borghesia che si sarebbe detta a lui fedele.

Bolsonaro si è scontrato, negli anni, con settori molto tradizionali della borghesia brasiliana  cercando di cambiare le gerarchie.

 

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La vicenda Bolsonaro è solo brasiliana o ha dei riverberi internazionali?

Sembra che il Grande Capitale stia fraternizzato a livello internazionale. Ci sono però delle fratture al suo interno. C’è un’ala liberale che vuole uno Stato democratico con un basso livello di impegno sociale e dove la borghesia possa esprimere direttamente i suoi rappresentanti politici.

La visione liberale dello Stato, del Grande Capitale, è una visione in cui lo Stato non genera un monopolio politico in grado di rivaleggiare con i monopoli imprenditoriali.

Questa è la visione liberale, ma ciò che accade è che siamo in un momento di crisi organica del dominio borghese e con ciò il fascismo inizia a guadagnare consenso di massa, soprattutto quando le sinistre si alleano con i settori borghesi e neoliberisti cercando di rianimare una fetta di economia in decadenza.

Questo è quello che si vede spesso in Occidente dove il caso più eclatante è quello della socialdemocrazia dove vediamo un costante declino del consenso verso i partiti socialisti ma è anche il caso degli Stati Uniti e della sinistra legata al Partito Democratico. In Brasile, ad esempio, è il caso del Partito dei Lavoratori che è un partito che ha stabilito un’alleanza con il capitale finanziario così come un’alleanza con i settori tradizionali della borghesia cercando di apportare alcuni cambiamenti molto specifici in questo tipo di dominio.

La crisi del dominio borghese tradizionale colpisce, così, anche il centro-sinistra che ad esso si è legato e apre lo spazio per l’ascesa del fascismo e dei suoi alleati. Il fascismo trascina con sé una borghesia che non faceva parte dei “ranghi alti” e subiva gli effetti della decadenza delle economie tradizionali. I neo-fascisti creano così un’alleanza con questi settori una volta minoritari dentro al mondo imprenditoriale e allo stesso tempo costruire un discorso, come fatto da Milei, che lega la decadenza dell’economia alla casta politica. Lo stesso fatto da Bolsonaro quando attaccava l’elitarismo del centrosinistra sottolineando che i simpatizzanti del centrosinistra hanno una vita con  alto livello di consumo. Milei e Bolsonaro si pongono come uomini popolare.

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Mi sembra esistere una divisione tra le forze del grande capitale, una parte di queste forze che si legano al neofascismo soprattutto per convenienza, un’altra parte del grande capitale invece si appoggia e appoggia i partiti tradizionali per conservare la sua posizione di vantaggio e di controllo degli apparati statali.

Tutto questo varia tra le diverse regioni e situazioni, certo è che il grande capitale tradizionale ha due paure: la prima è che le sinistre sviluppino progetto sociale che vada contro gli interessi capitalistici, ed è questo il motivo per cui in Brasile nel 2017 c’è stata l’unione condivisa del capitale contro il PT. Ma c’è da dire che una parte del capitalismo brasiliano sperava che i liberali del Psdb potessero diventare la prima forza del paese e superare il PT. Quella parte del capitalismo brasiliano ha sofferto quindi quando è emersa la figura di Bolsonaro e dell’estrema destra, mentre la parte meno vincolata alla politica tradizionale ha cavalcato le sue proposte. Lula per tornare al governo ha dovuto garantire più cose di quanto avesse mai fatto come presidente ai gruppi imprenditoriali del Brasile.

 

Possiamo dire che le democrazie liberali sono morte o fallite?

Sono in una crisi molto profonda perché la globalizzazione neo liberale ha accresciuto la disuguaglianza e ha dimostrato che la democrazia era in realtà una plutocrazia e che serviva molto poco alle grandi masse. Anche questa è una realtà delle democrazie occidentali e questo dà forza al fascismo, soprattutto in uno scenario in cui la sinistra è schiava del patto con i settori della borghesia tradizionale ed è parte della contesa per la gestione del neoliberismo con altre forze, quindi in questo scenario la democrazia è in forte crisi in Occidente, soprattutto questo formato liberale della democrazia.

Quello che Trump ed il neofascismo aziendale sta portando avanti una forma di neocolonialismo?

Penso che Trump stia sviluppando una sorta di imperialismo informale, un “imperialismo territorialista”tanto che parla apertamente di impadronirsi del Canale di Panama, in cui parla apertamente di impadronirsi della Striscia di Gaza, in cui parla apertamente di impadronirsi della Groenlandia. Penso che Trump stia tornando a forme tradizionali di imperialismo che erano state scartate come forme dominanti a causa del loro alto livello di violenza.

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