Inconferibile il ruolo di amministratore di un’azienda pubblica del Sindaco socio – Associazione Segretari Comunali e Provinciali

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Autore: Maurizio Maria Lucca

  1. I conflitti di interesse. 2. Le misure. 3. Raffreddamento. 4. Interpretazione norme. 5. Conflitto di interessi e inconferibilità/incompatibilità. 6. Il pronunciamento ANAC. 7. La natura dell’ente di destinazione. 8. Il percorso. 9. Effetti. 10. Osservazioni brevi.

Il conflitto di interessi impedisce, a chi esercita una funzione pubblica, di pronunciarsi nelle decisioni in serenità (senza stress argomentativo)[1], minando nel concreto il risultato dell’apporto partecipativo (il provvedimento), impedendo di poter verificare la bontà di quanto prestato, non potendo invocare la prova di resistenza.

In presenza di questa “tensione” della coscienza (elemento soggettivo), tra il ruolo ricoperto (dirigenziale o elettivo) e la posizione personale (la condizione utilitaristica propria, legata a possibili interessenze), si crea una frattura insanabile all’imparzialità (ex art. 97 Cost.) e al neutro agire (la discrezionalità) di coloro che impersonano (rappresentano) la PA (e alla sua immagine, nonché aspettativa di legalità), imponendo un arresto alla condotta attiva: l’obbligo di astensione.

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  1. I conflitti di interesse

Vi sono dunque una diversa catalogazione di conflitti di interessi, possono essere potenziali (possibili) o reali (certi), ovvero presunti con l’innesto normativo (vedi, la legge n. 190/2012) di divieti di pre-employment (inconferibilità), divieti inemployment (“incompatibilità”) e divieti postemployment (“incompatibilità successiva – pantouflage”): i conflitti cd. presunti vengono codificati da d.lgs. n. 39/2013, con presunzioni assolute di conflitto di interessi al ricorrere delle quali taluni incarichi nelle Pubbliche Amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono inconferibili o incompatibili.

Giova rammentare che il d.lgs. n. 39/2013, adottato in esecuzione della “legge anticorruzione”, si concentra sulle situazioni di inconferibilità/incompatibilità riferibili a chi rivesta contemporaneamente incarichi politici nell’ente locale e incarichi amministrativi o gestionali in un ente partecipato o controllato da PPAA: il legislatore, infatti, ha valutato ex ante e in via generale che «lo svolgimento di certe attività/funzioni può agevolare la precostituzione di situazioni favorevoli per essere successivamente destinatari di incarichi… e, quindi, può comportare il rischio di un accordo corruttivo per conseguire il vantaggio in maniera illecita» e che «il contemporaneo svolgimento di alcune attività di regola inquina l’azione imparziale della pubblica amministrazione costituendo un humus favorevole ad illeciti scambi di favori»[2].

Inoltre, è stato rilevato che anche nel caso in cui il conferimento di una carica pubblica appaia formalmente in linea con le disposizioni del d.lgs. n. 39/2013, è possibile che il cumulo di incarichi possa dar luogo, comunque, a un conflitto di interessi: la fattispecie si realizza nel caso in cui l’interesse pubblico sia (o possa essere) deviato per favorire il soddisfacimento di interessi privati, di cui sia portatore direttamente o indirettamente il pubblico funzionario, ovvero, quando la copertura di un posto di natura dirigenziale (di responsabilità) possa incidere sull’Amministrazione di appartenenza, una coincidenza di controllore e controllato[3].

In una visione visiva siamo in presenza di “interferenze relazionali” dove le interazioni soddisfano bisogni delle parti, un misto tra interessi pubblici e privati, dove la prevalenza finalistica non assolve l’indipendenza dell’“agente” in violazione del principio di legalità: la misura imporrebbe l’astensione dal trattare l’“affare”, ovvero il processo decisionale, alterandone l’imparzialità non potendo giustificare (o sanare) il proseguimento dell’istruttoria: una condotta che travolge tout court l’intera procedura, al di là della sua intrinseca “bontà”,

  1. Le misure

Ai fini di evitare che chi è stato condannato, ex art. 35 bis del d.lgs. 165/2001, o si trovi in determinate condizioni di inconferibilità o incompatibilità (quelle previste dal d.lgs. n. 39/2013), possa inquinare l’azione amministrativa, si impone alle PA, agli enti pubblici economici e agli enti di diritto privato in controllo pubblico di prevedere nei PTPCT/PIAO (sez. rischi corruttivi e trasparenza) misure volte a verificare la sussistenza di eventuali precedenti penali o conflitti di interessi a carico dei dipendenti e/o dei soggetti cui intendono conferire incarichi, impedendo – con una preventiva attività istruttoria – di verifica e controllo che si acclarino tali evenienze.

In questo senso, l’ANAC con la deliberazione n. 833 del 3 agosto 2016, Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi inconferibili e incompatibili, ha fornito indicazioni operative, con l’obiettivo di prevenire situazioni ritenute anche potenzialmente portatrici di conflitto di interessi o, comunque, ogni possibile situazione contrastante con il principio costituzionale di imparzialità: l’attività di verifica in materia di inconferibilità e incompatibilità è rimessa prioritariamente al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) che cura, anche attraverso le disposizioni del cit. Piano Anticorruzione/PIAO, che nell’Amministrazione, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, siano rispettate le disposizioni del decreto, contestando all’interessato l’esistenza o l’insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità, ex art. 15 del d.lgs. 39/2013, avendo a monte (prima dell’affidamento dell’incarico) eseguito i controlli sulle dichiarazioni presentate.

Di contro, ai sensi dell’art. 16, del d.lgs. 8 aprile 2013 n. 39, l’Autorità Nazionale Anticorruzione vigila sul rispetto, da parte di soggetti obbligati delle disposizioni del decreto in tema di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi, anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi[4].

  1. Raffreddamento

Nell’inconferibilità, fatto salvo i limiti in presenza di condanne penali, si dovrà garantire un periodo di interruzione dai ruoli (incarichi).

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In questo senso, ai fini del calcolo del periodo di “raffreddamento”, occorre considerare il concreto distanziamento temporale nell’esercizio delle funzioni svolte in relazione agli incarichi oggetto del d.lgs. 39/2013, al fine di assicurare l’effettivo allontanamento dagli incarichi, secondo le intenzioni del legislatore: nel computo del periodo di raffreddamento, il termine è da intendersi sospeso per tutta la durata di un incarico inconferibile, svolto cioè prima della scadenza del predetto periodo; il termine riprende a decorrere dalla cessazione dell’incarico inconferibile[5].

  1. Interpretazione norme

Le norme che impongono limiti ai diritti di elettorato attivo e passivo, incluse quelle sulla inconferibilità/incompatibilità, sono di stretta interpretazione[6].

Le cit. disposizioni contenute nel d.lgs. n. 39/2013 non sono suscettibili di interpretazione estensiva in quanto costituiscono l’espressione della scelta discrezionale del legislatore, il quale con esse ha individuato a priori fattispecie nelle quali sussiste un potenziale conflitto di interesse e/o nelle quali l’azione del funzionario può mettere a rischio l’immagine di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione stessa[7].

  1. Conflitto di interessi e inconferibilità/incompatibilità

La principale misura di prevenzione del conflitto d’interessi, anche potenziale, è rappresentata dall’obbligo di segnalazione tempestivo da parte dell’interessato e dalla successiva astensione dalla partecipazione alla decisione o all’atto endoprocedimentale che potrebbe porsi in contrasto con il concorrente interesse privato.

Mentre per l’inconferibilità si dovrà presentare, prima dell’incarico, una dichiarazione sull’assenza di cause di inconferibilità o incompatibilità, da rinnovare annualmente e soggetta agli obblighi di pubblicazione su Amministrazione Trasparenteex art. 20, Dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità, del d.lgs. n. 39/2013[8].

Spetta all’Amministrazione, rectius RPCT, la verifica in ordine alla sussistenza delle relative condizioni ostative all’assunzione della carica (alias presenza del conflitto di interessi).

  1. Il pronunciamento ANAC

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, con la deliberazione n. 34 del 5 febbraio 2025Ipotesi di inconferibilità ex art. 7 del d.lgs. n. 39/2013 dell’incarico di Presidente del CdA di omissis, Fasc. Anac n. 2976/2024, interviene nell’attività istituzionale di verifica nel dichiarare (accertare) inconferibile, ai sensi del comma 2, lett. d), dell’art. 7, Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale, del d.lgs. n. 39/2013[9], la nomina (a Presidente del Cda, c.d. incarico di destinazione) di un Sindaco in un’Azienda partecipata (ente di diritto privato in controllo pubblico) interamente composta dai Comuni (soci), tra i quali quello (Comune con popolazione inferiore ai quindicimila abitanti, c.d. ente di provenienza) ove esercita l’incarico elettivo (la ratio della norma è quella di far prevalere il criterio della vicinanza tra carica pubblica ed incarico da conferire).

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L’effetto del pronunciamento comporta la nullità ex lege dell’incarico nullità ex tunc per le ipotesi di inconferibilità (decadenza ex nunc per le ipotesi di incompatibilità).

  1. La natura dell’ente di destinazione

Il “requisito funzionale”, individuato dall’art. 1, comma. 2, lett. c), del d.lgs. n. 39/2013, ai fini della riconducibilità alla categoria degli “enti di diritto privato in controllo pubblico”, viene accertato dagli atti statutari, visura camerale, sez. Amministrazione Trasparente, chiarimenti forniti: una società con le finalità di cui al primo comma dell’art. 112, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e successive modifiche e integrazioni (abrogato dalla legge di riforma dei servizi pubblici, d.lgs. n. 201/2022), nella forma di società consortile a responsabilità limitata, ai sensi dell’art. 2615 ter del Codice Civile, senza scopi di lucro che offre attività e servizi strumentali a favore di Amministrazioni Pubbliche socie (capitale interamente pubblico).

Invero, il comma 4, dell’art. 6, Distinzione tra funzioni di regolazione e gestione nell’assetto organizzativo degli enti locali. Incompatibilità e inconferibilità, del d.lgs. n. 201/2022, recita: «Non possono essere conferiti incarichi professionali, di amministrazione o di controllo societario, né incarichi inerenti alla gestione del servizio: a) ai componenti di organi di indirizzo politico dell’ente competente all’organizzazione del servizio o alla sua regolazione, vigilanza o controllo, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all’esercizio di tali funzioni; b) ai componenti di organi di indirizzo politico di ogni altro organismo che espleti funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo o di controllo del servizio, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all’esercizio di tali funzioni; c) ai consulenti per l’organizzazione o regolazione del servizio».

La norma ultima citata, porta l’Autorità a sostenere che l’incarico di Presidente del CdA risulta già di per sé inconferibile al soggetto che ricopra la carica di Sindaco, il quale in qualità di socio risulta componente di un organo di indirizzo politico dell’ente competente all’organizzazione del servizio o alla sua regolazione, vigilanza o controllo.

  1. Il percorso

L’Autorità è giunta alle conclusioni, a seguito della verifica (con interlocuzioni del RPCT del Comune e dell’Azienda) del ruolo effettivamente ricoperto dall’Amministratore:

  • il ruolo del Presidente del CdA, risulta titolare di deleghe gestionali (ossia, poteri effettivamente “gestionali”)[10], con l’inquadramento nella definizione di amministratore di ente privato in controllo pubblico, di cui all’art. 1, comma 2, lett. l), del d.lgs. n. 39/2013 («per «incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico» devono intendersi «gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico»)[11];
  • in effetti, mancando il direttore generale i poteri del Presidente non si presentano di mero indirizzo politico e/o di rappresentanza, ma di amministrazione attiva, confermando la concentrazione dei poteri di amministrazione attiva e di gestione in capo al CdA e al suo Presidente[12].
  • con riferimento alla carica in provenienza l’art. 7, comma 2, prima parte, del d.lgs. n. 39/2013, non prevede alcuna discriminazione fra comuni con popolazione inferiore o superiore ai quindicimila abitanti, attesa la presenza nella compagine sociale di un comune con popolazione superiore a quindicimila abitanti[13];
  • quando una molteplicità di soggetti partecipa ad una compagine sociale la norma non richiede una partecipazione di controllo in capo ad un’unica Amministrazione, pertanto, anche qualora la partecipazione pubblica di controllo del capitale sociale di una società non sia riconducibile ad una singola Amministrazione, ma a diverse Amministrazioni pubbliche, ciò non ha conseguenze sulla natura giuridica della società partecipata, in quanto la partecipazione pubblica, complessivamente considerata, è una partecipazione di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c.[14];
  • ogni socio risultava aver contribuito alla deliberazione dell’Assemblea, sicché il Comune avendo partecipato direttamente, attraverso la persona del Sindaco, alla nomina del CdA e, quindi, “di sé stesso” quale Presidente dell’Agenzia, attraverso l’espressione del proprio voto, è stato “co-conferente” dell’incarico, unitamente agli altri Comuni soci (enti conferenti dell’incarico di destinazione)[15].

Conclusivamente, sono presenti tutte le condizioni per dichiarare l’inconferibilità dell’incarico di presidente del CdA, di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico, del sindaco di un comune socio, ex art. 7, comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 39/2013.

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  1. Effetti

La deliberazione ANAC n. 34 del 5 febbraio 2025, dopo la dichiarazione di inconferibilità, effettua nel dispositivo i seguenti ordini:

  • di rimettere all’ente conferente, con il supporto del RPCT, l’accertamento di propria competenza del rispetto delle disposizioni di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 39/2013, in merito alla presentazione della dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità ed all’eventuale applicazione del comma 5 del medesimo articolo;
  • di rimettere al RPCT dell’ente conferente, in relazione all’art. 18, commi 1 e 2, del d.lgs. 39/2013 e secondo anche quanto chiarito nella delibera ANAC n. 833/2016, la valutazione dell’elemento soggettivo in capo all’organo conferente, tenendo conto delle peculiarità del caso di specie, oltre alla procedura di contestazione, sospensione del potere di nomina, apparato sanzionatorio, con obbligo di comunicare all’ANAC gli atti adottati (rendere conto).
  1. Osservazioni brevi

La vicenda dimostra le difficoltà di comprendere nell’immediato l’individuazione dei caratteri determinanti la qualificazione di ogni singola parte (ruolo ricoperto, poteri, soggetti), dovendo analizzare in modo approfondito una molteplicità di dati e informazioni, anche se alla fine emerge, nella sua interezza, il conflitto di interessi.

Rimane evidente tutta la forza della norma di prevenire nomine da parte di coloro che alla nomina partecipano.

Sorprende, inoltre, anche se le ragioni di merito della scelta saranno (sicuramente) più che giustificate dalla professionalità ed esperienza (sicuro), che l’individuazione del presidente di una società pubblica ruoti all’interno dei soci, e nel “mercato” sia stato così difficile trovare persone capaci, disponibili a ricoprire l’incarico, magari con un interpello pubblico (aspetto di trasparenza): la soluzione avrebbe impedito tali evenienze.

Evenienze preventivate dal legislatore: il raffreddamento temporaneo (nel gergo popolare, “salti un giro”) a presidio dell’imparzialità.



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