Secondo il nuovo rapporto di Legambiente “Scacco matto alle rinnovabili 2025”, la regione ha già raggiunto il 39,9% del suo obiettivo, mentre altre regioni mostrano ritardi allarmanti che oscillano dai 45 ai 20 anni
Mentre gran parte d’Italia arranca nella transizione energetica, una regione si distingue per il suo passo spedito.
Secondo il report Scacco Matto alle Rinnovabili 2025 di Legambiente, presentato oggi, 6 marzo, alla fiera Key Energy a Rimini, il Lazio è l’unica regione italiana che, mantenendo il ritmo attuale, riuscirà a centrare gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili al 2030. Una notizia positiva che contrasta con il quadro nazionale desolante, fatto di iter burocratici farraginosi, normative inadeguate e resistenze locali che rallentano la transizione ecologica.
Il Lazio: un caso virtuoso
Con un tasso di crescita delle installazioni rinnovabili che ha portato la regione a raggiungere già il 39,9% del proprio obiettivo al 2030, il Lazio si distingue come esempio da seguire. Grazie a politiche di semplificazione, un tessuto industriale e agricolo sempre più orientato alla sostenibilità e un’accelerazione nelle autorizzazioni di nuovi impianti fotovoltaici ed eolici, la regione ha già installato 1.896 MW rispetto ai 4.757 previsti.
In un contesto nazionale dove l’Italia rischia di accumulare un ritardo di 8 anni sugli obiettivi fissati dal Decreto Aree Idonee, il Lazio emerge come un faro di speranza. Rispetto ad altre regioni, il Lazio ha saputo sfruttare al meglio le opportunità offerte dalle energie pulite, investendo in progetti innovativi e coinvolgendo cittadini e aziende in un processo di transizione partecipata. Sul podio salgono anche il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, che registrano però un ritardo di 1,8 e 1,9 anni.
Il resto d’Italia resta indietro
Se il Lazio corre, altre regioni si fermano. Secondo il report, le peggiori in classifica sono Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria, che registrano ritardi tra i 45 e i 20 anni rispetto agli obiettivi del 2030. La Valle d’Aosta, per esempio, ha raggiunto solo il 7% del proprio obiettivo e, al ritmo attuale, impiegherebbe ben 45 anni per completare la transizione.
Ma il problema non riguarda solo le singole regioni: a livello nazionale, l’Italia ha installato 17.717 MW dal 2021 al 2024, raggiungendo solo il 22% dell’obiettivo al 2030. Per rispettare le scadenze, sarebbe necessario installare almeno 10.380 MW all’anno nei prossimi sei anni, più del doppio della media attuale. Insomma, per raggiungere gli 80 GW definiti nel Decreto Aree Idonee (che disciplina l’individuazione di superfici e di aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili), il Belpaese potrebbe impiegare 8 anni più del previsto.
I freni alla transizione: burocrazia e normative inadeguate
Uno dei maggiori ostacoli alla crescita delle rinnovabili in Italia è la lentezza degli iter autorizzativi. Attualmente, ben 1.367 progetti sono bloccati nella fase di istruttoria tecnica della Commissione PNRR-PNIEC, mentre altri 85 attendono il parere del Ministero della Cultura. In molte regioni, la regolamentazione sulle aree idonee è ancora ferma, con norme restrittive che impediscono la realizzazione di nuovi impianti.
La Sardegna, ad esempio, ha approvato una normativa che vieta le rinnovabili sul 99% del territorio regionale, mentre la Toscana ha imposto limiti su oltre il 70% delle aree disponibili. Questi vincoli non solo rallentano la transizione, ma rischiano di compromettere la competitività economica delle regioni, che continueranno a dipendere da fonti fossili costose e inquinanti.
Legambiente: “Serve una rivoluzione culturale”
Secondo Legambiente, la transizione ecologica non deve essere vista solo come una necessità ambientale, ma anche come un’opportunità economica e occupazionale. Accelerare sulle rinnovabili significa creare nuovi posti di lavoro, abbassare il costo dell’energia e ridurre la dipendenza dell’Italia dal gas fossile.
Per questo, l’associazione propone 10 misure urgenti, tra cui il rafforzamento degli uffici autorizzativi, la revisione del Decreto Aree Idonee e una maggiore distinzione tra fotovoltaico e agrivoltaico per favorire l’integrazione tra energia e agricoltura.
Il Lazio dimostra che raggiungere gli obiettivi sulle rinnovabili è possibile, ma servono volontà politica e interventi mirati. L’Italia ha ancora sei anni per colmare il divario e accelerare il passo, ma il tempo stringe. Il rischio, altrimenti, è quello di trovarsi nel 2030 ancora dipendenti dalle fonti fossili, con un sistema energetico inefficiente e un’occasione di sviluppo sprecata.
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