Femminicidio Matteuzzi, l’ex calciatore Padovani ricorre in Cassazione. Chiesto uno sconto di pena: «Ergastolo eccessivo»

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di
Andreina Baccaro

Giovanni Padovani, il 30enne ex modello e calciatore all’ergastolo per aver ucciso nell’agosto 2022 la ex compagna Alessandra Matteuzzi, 56 anni, ha chiesto una riduzione della pena. L’avvocato Gabriele Bordoni lamenta anche la mancata concessione delle attenuanti generiche e contesta le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi

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Ricorre in Cassazione Giovanni Padovani, il 30enne ex modello e calciatore all’ergastolo per aver ucciso nell’agosto 2022 la ex compagna Alessandra Matteuzzi, 56 anni, massacrandola brutalmente sotto la sua casa in via dell’Arcoveggio. Il suo difensore Gabriele Bordoni ha depositato il ricorso contro la sentenza di appello che ha confermato l’ergastolo per omicidio pluriaggravato, motivandolo innanzitutto con la parzialità della perizia psichiatrica svolta dai consulenti nominati dalla Corte d’Assise di primo grado che stabilirono la capacità di intendere e di volere dell’imputato.
Ma secondo la difesa il programma di colloqui ed esami con cui la perizia avrebbe dovuto svolgersi, «è stato completamente stravolto per una serie di insorgenze: i test sono stati soltanto in parte portati a termine, a fronte della manifestata stanchezza del periziando, venendo integrati con quelli somministrati -al di fuori dei lavori peritali- da sanitari del ROP di Piacenza, avendo i periti esplicitamente tratto le loro conclusioni dall’insieme dei risultati testistici». Né fu effettuata la risonanza magnetica per indagare eventuali problemi neurologici che avrebbero potuto influenzare il comportamento del giovane e che la stessa difesa aveva chiesto alla Corte d’assise di appello di integrare. La difesa lamenta poi «la mancata assunzione di prova imprescindibile consistente nell’audizione a chiarimenti della referente del R.O.P. Piacenza dottoressa Simona Giuppi», che invece aveva diagnosticato in Padovani «un grave disturbo di personalità di tipo misto, un disturbo delirante cronico con sintomi schizofrenici e soprattutto un funzionamento sociale, relazionale ed emotivo, particolarmente grave e per molti aspetti disorganizzato, molto vicino ai quadri schizofreniformi».

Obiettivo: sconto di pena 

L’obiettivo della difesa è ottenere uno sconto di pena, che possa modificare la condanna dall’ergastolo a 30 anni di reclusione e per questo l’avvocato Bordoni lamenta anche la mancata concessione delle attenuanti generiche e contesta le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, che hanno fatto scattare la pena massima per il 30enne. Perché, scrive il legale, «anche una condotta brutale deve essere ricostruita nella sua complessiva genesi e valutata nella sua completa dinamica, così come il suo autore va compreso nella sua condizione mentale, solo così dando al processo il suo significato pieno di più alto momento costituzionale di affermazione della Giustizia». Per questo, la difesa chiede il riconoscimento delle attenuanti generiche che motiverebbero una condanna «ad una misura diversa e più contenuta», «sulla scorta di una lettura più profonda ed attenta della figura del giovane e fragile imputato, un ragazzo spaesato, scompensato e frustrato, nascosto sotto a muscoli e tatuaggi».




















































Relazione «disfunzionale e tossica»

«L’aggressione brutale e foriera di morte posta in atto da Padovani rappresenta l’epilogo tragico della sua relazione con Alessandra Matteuzzi che fu il contesto ed il presupposto di quel gesto terribile», una relazione che il difensore definisce «disfunzionale e tossica» e per questo, insiste, va valutato il contesto nel quale maturò il femmincidio. Un contesto nel quale non sussisterebbero né l’aggravante della premeditazione («semmai una preordinazione che non può essere considerata come aggravamento della sanzione» perché sarebbe consistita solo in poche ore), né dello stalking perché Padovani sarebbe stato inconsapevole del grave stato di angoscia provocato dai suoi comportamenti. Visto che «non può mancare di osservarsi – si legge ancora nel ricorso – come, nella fase finale, la Matteuzzi si rese autrice di comportamenti contraddittori, posto che, pur dopo avere sporto la querela, in realtà continuò a contattare il ragazzo e addirittura, come emerge dalle chat, lo pregò di non accettare l’ingaggio nella squadra di calcio in Sicilia».

La difesa chiede di considerare il «difficile vissuto adolescenziale»

Infine, la difesa di Padovani chiede di far cadere anche l’aggravante dei futili motivi perché «il riferimento alla gelosia, rispetto ad una vicenda complessa come questa, dovrebbe essere messo da parte, per dare invece rilievo a un catalogo diverso e più ampio di emozioni»: «superata la chiave di lettura troppo semplicistica della gelosia, è auspicabile un serio confronto con il dibattito scientifico che offre preziose indicazioni sugli effetti che le emozioni hanno sui processi cognitivi e decisionali».
E quindi andrebbero considerati a parere della difesa, oltre alla giovane età dell’imputato, «il suo difficile vissuto adolescenziale nel rapporto con il padre, ma anche il suo contegno immediatamente successivo al reato (laddove non pose in atto il minimo tentativo di sfuggire alla cattura, consegnandosi invece alla polizia e rendendo piena ed articolata confessione)».

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