Il segretario del Pd pugliese ribadisce la necessità di abrogare la norma che obbliga i sindaci a dimettersi sei mesi prima delle elezioni regionali. Parttito disponibile a una mediazione (dimissioni 60 giorni prima)
C’era molta attesa per la riunione del gruppo regionale del Pd, cui compete avanzare una proposta per aprire il confronto sulla riforma della legge elettorale.
Segretario Domenico De Santis, come si è conclusa la riunione?
«Il gruppo ha stabilito le priorità delle prossime settimane. Martedì si porta in Consiglio la legge sui pozzi che renderà disponibili risorse idriche aggiuntive e fornirà un aiuto alla nostra agricoltura. Nella stessa seduta sarà votata la mozione sull’emergenza idrica. Vorremmo portare anche la legge sull’hikikomori (l’isolamento patologico), approvata all’unanimità in commissione: la Puglia è la Regione che investe di più sulla salute mentale. Per noi vengono prima i problemi dei cittadini, spesso questi temi non hanno spazio nel dibattito pubblico».
Sulla legge elettorale?
«A margine abbiamo anche chiarito le nostre priorità sul punto: approvare la doppia preferenza di genere e abolire la norma anti sindaci».
Vi è un vasto fronte che la norma sui sindaci la conserverebbe.
«Noi siamo per l’abolizione della norma. Sappiamo di dover incrociare le sensibilità delle altre forze, di maggioranza e opposizione. Diciamo che siamo disponibili ad una mediazione che preveda le dimissioni dei sindaci, al massimo 60 giorni prima della conclusione della legislatura (la norma vigente prevede 180 giorni, ndr). Ma si tenga conto del fatto che il governo, nella nota con cui ha impugnato la norma, fa capire di preferire l’istituto della incompatibilità (dimissioni dopo l’elezione) piuttosto che l’incandidabilità (dimissioni prima del voto). Esattamente come succede nella maggior parte delle altre Regioni».
Quali sono le richieste degli altri partiti che non siete disposti ad accogliere?
«C’è una richiesta per noi irricevibile di abbassare la soglia al 2,5%. Si rischia la frammentazione mentre noi dobbiamo garantire la governabilità della Puglia. Sulle altre richieste siamo disponibili a ragionare con gli alleati. Ora avvieremo un confronto nel partito; dopo incontreremo le forze di maggioranza e opposizione per trovare un’auspicabile sintesi. La nuova legge elettorale, se si farà, andrà discussa con tutti: maggioranza, opposizione e gli alleati non presenti in Consiglio».
Il candidato presidente tocca ancora a voi del Pd, prevedibilmente con Decaro. Come vede il confronto con il centrodestra?
«Abbiamo avviato la conferenza programmatica del Pd; dalla prossima settimana partirà il confronto con la nostra base e con la società pugliese per costruire il programma “Puglia 2030”. Alla fine del percorso presenteremo la nostra proposta alla coalizione e decideremo insieme. Decaro è un leader nazionale, la nostra punta di diamante: ma del suo ruolo discuteremo con gli alleati dopo aver definito la nostra proposta su lavoro, sanità, ambiente, sviluppo, povertà».
La coalizione non è definita. Il M5S non ha sciolto le proprie riserve. È un problema?
«Lo dicevo prima: innanzi tutto noi dobbiamo costruire l’alleanza con la società pugliese attraverso la nostra visione di Puglia. E sui contenuti trovare l’intesa per costruire l’alleanza. Noi dobbiamo unire tutte le forze alternative al governo Meloni e dobbiamo essere testardi nel farlo».
È un problema se il M5S non decide?
«Non abbiamo timori. Il Pd è largamente la prima forza politica in Puglia con il 34% alle ultime Europee. Ma vogliamo ragionare alla pari, con umiltà, con tutti i nostri alleati. Alla sua domanda rispondo che entro la primavera si deve sciogliere il nodo del candidato presidente e dell’alleanza».
Come sceglierà il Pd i propri candidati?
«Dobbiamo costruire una nuova classe dirigente. Lo stiamo facendo con il nostro giornale “Insieme”, con la scuola di formazione, nelle amministrazioni locali dove abbiamo eletto tantissimi giovani sindaci e amministratori. Figure che vogliamo candidare alle prossime Regionali. Saranno liste rinnovate e aperte alla società civile, al mondo del lavoro, alle sensibilità del cattolicesimo democratico e ai ceti produttivi. Allo stesso tempo saremo inflessibili sulle nostre regole interne».
Che significa?
«Terremo alta l’asticella dell’etica e della legalità. E terremo conto di chi è in regola con i contributi al partito».
Tra i candidati consiglieri sembra scontata la presenza di Emiliano, nel Pd. Forse Vendola con Avs. Come considera questa eventualità?
«Parliamo di due personalità straordinarie, utili per costruire liste molto forti. Per fare pochi esempi: prima di loro negli aeroporti pugliesi viaggiavano poco più di 2 milioni di viaggiatori all’anno, oggi oltre 10 milioni. Quando Emiliano si è insediato la Puglia aveva 70 miliardi di Pil, oggi 84,5 miliardi. La disoccupazione è passata dal 13,9% al 10,1%».
L’assessore Fabiano Amati insiste nel volersi re-iscrivere al Pd. Lo potrà fare?
«La vicenda è chiusa, non è iscritto. Sul piano politico il Pd non è un autobus. Nulla di personale, Fabiano è una risorsa per il centrosinistra. Ma il Pd ha il dovere di spalancare le porte non al ceto politico ma alla società italiana, a forze nuove e fresche, a chi crede in un mondo diverso, a chi vuole combattere le diseguaglianze, a chi pensa che attraverso l’impegno politico si possa cambiare la vita dei cittadini. Dobbiamo guardare al futuro della Puglia non al passato».
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