Bonus mamme al palo, il decreto ministeriale necessario per attuarlo ancora non si è visto. Cgil: “Ritardo inaccettabile”

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A due mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2025, il governo non ha ancora adottato il decreto ministeriale necessario per definire importi, modalità attuative e procedure per il riconoscimento del nuovo “Bonus mamme”, replica di quello varato l’anno prima. Il risultato è che le lavoratrici non hanno la possibilità di beneficiarne. La segretaria confederale della Cgil, Daniela Barbaresi, parla di un “ritardo inaccettabile”. Oltre a ricordare le criticità già evidenziate un anno fa, a partire dalla scelta di una decontribuzione che rischia di indebolire ulteriormente il sistema previdenziale. Altro aspetto controverso è l’esclusione delle lavoratrici domestiche, settore che coinvolge molte donne a basso reddito, quelle che avrebbero maggiore necessità di certezze e stabilità economica per affrontare le scelte di vita e genitorialità.

Con la manovra il bonus sotto forma di esonero contributivo è stato confermato per le lavoratrici dipendenti e per le autonome, madri di due o più figli, fino al decimo anno del figlio più piccolo. A partire dal 2027 sarà esteso, per le madri di tre o più figli, fino al compimento del diciottesimo anno del più piccolo. L’erogazione del beneficio è subordinata a una retribuzione o reddito imponibile annuo inferiore ai 40mila euro. Il problema è che, come confermato dall’Inps, per definire le modalità operative serve un decreto del ministero del Lavoro e dell’Economia. Che al 6 marzo ancora non si è visto.

In attesa del provvedimento, e della corresponsione degli arretrati, Barbaresi chiede correzioni: “Fondamentale estendere il ‘Bonus Mamme’ alle lavoratrici domestiche e correggere le criticità della misura, che finora ha premiato i redditi più alti, trascurando chi davvero ha bisogno di sostegno”. Così com’è si tratta di una misura discriminatoria, basata sulla visione della genitorialità come una questione esclusivamente femminile. Così si perpetua una mentalità “arcaica e patriarcale”, che non sostiene adeguatamente il ruolo di entrambi i genitori, ma solo quello materno. In aggiunta, “perché un solo figlio non dà diritto al beneficio se davvero si vuole sostenere la natalità?”.

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