Siena, l’ex sindaco Bruno Valentini: “Ceccuzzi racconta falsità. Non sono io ad averlo fatto fuori ma la storia”

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Franco Ceccuzzi, pochi giorni fa, in un’intervista sul Corriere di Siena si è sfogato dopo l’assoluzione dal crac del pastificio Amato puntando il dito contro il Pd che lo avrebbe fatto sparire, facendo in particolare il nome dell’ex sindaco Bruno Valentini come suo “carnefice”.

– Bruno Valentini, vuole rispondere?

Non è la mia preoccupazione principale e vengo tirato per i capelli in un dibattito che definirei archeologico e di poco interesse per la città e per il suo futuro. Comunque non sono io ad aver messo da parte Ceccuzzi, ma sono state la storia e l’opinione della stragrande maggioranza dei senesi. E’ chiaro che sulle vicende giudiziarie di quanto è avvenuto al Monte dei Paschi i giudici hanno messo sopra una pietra tombale, visto che i giudici non hanno riscontrato responsabilità penali dirette, ma neanche economiche, perché alla fine i responsabili di quelle scelte sciagurate se la sono cavata senza condanne o danni economici. Le responsabilità politiche però rimangono tutte, e su questo non c’è nessuno che possa dire la sua. Quello che è successo prima con l’acquisto di Antonveneta e poi con l’aumento di capitale della banca, a cui la Fondazione fece fronte indebitandosi oltre il suo patrimonio, rimane nella storia ed è l’origine della caduta, fortunatamente arrestata, di Rocca Salimbeni e del quasi totale svuotamento del patrimonio di Palazzo Sansedoni. Quelle decisioni sono state prese da una comunità intera, che probabilmente col senno di poi non si è dimostrata adeguata a gestire un istituto di reddito di quelle dimensioni. La riforma Amato aveva consegnato il controllo delle Fondazioni e indirettamente delle banche nelle mani delle realtà locali e, nel caso di Siena, non c’è stata una classe dirigente all’altezza di quella sfida.

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– Torniamo però alle parole di Ceccuzzi, che accusa il Pd di non aver mai fatto una vera autocritica su quanto avvenne in quegli anni. Secondo lei è così?

Non è vero. La vera autocritica l’ho fatta io candidandomi. In quel momento mi sono presentato contro il gruppo dirigente del partito, e ho fatto le primarie battendo Mugnaioli, che era un suo uomo perché lui si era ritirato a causa dell’avviso di garanzia per la vicenda del pastificio Amato di Salerno. Ho battuto l’apparato grazie alle tante persone che volevano prendere le distanze dal Pd senza rompere col centrosinistra. E’ grottesco che lui dica che questo tipo di impostazione che avevo dato alla mia campagna elettorale, e poi al mio mandato, ci abbia fatto poi perdere nel 2018. E’ vero il contrario: in quella tornata non sono stato capace di continuare a far comprendere alla cittadinanza che con quel Pd lì io non avevo più niente a che fare. Purtroppo, e questa è la storia di quei 5 anni, Ceccuzzi e le persone vicine a lui hanno fatto sentire pesantemente la loro presenza, e non mancano gli episodi a sostegno di ciò. Alcuni consiglieri di maggioranza, quelli più vicini a lui, mi denunciarono al prefetto, su una vicenda del Santa Maria della Scala che non ha senso rivangare, perché non avevo seguito le strategie messe in campo proprio da Ceccuzzi. Il mio periodo da sindaco è stato contrassegnato da questa controversia dialettica continua, col mio tentativo di staccare l’immagine del partito e dell’amministrazione comunale da quel gruppo che era compromesso con il gruppo di potere che orbitava intorno a Mussari. Questa difficoltà è il vero limite che alla fine ho avuto anche nella gestione di un lavoro che, per certi versi, può essere ricordato positivamente perché sono riuscito, e se ne vedono gli effetti anche ora, a salvare il Comune dal default, dalla crisi economica in cui era precipitato per la fine dei contributi della Fondazione Monte dei Paschi, di cui era diventato dipendente. In quei cinque anni ho tagliato i ponti con tanti gruppi di potere, e l’ho pagata nel successivo appuntamento elettorale perché si è capito che facevo scelte e nomine al di fuori di quel perverso meccanismo di scambio politico che invece aveva caratterizzato gli anni precedenti.

– Ceccuzzi sostiene che le sue dimissioni in qualche modo hanno favorito la sua vittoria nel 2013, e che quindi le ha fatto un favore.

Non è vero. Quelle dimissioni, nelle sue intenzioni, dovevano sfociare nella candidatura del suo delfino, che era Mugnaioli, una bravissima persona che però tutti vedevano come un suo alter ego. Questo ci avrebbe portato alla sconfitta certa. Fra l’altro lui, non memore di questo, ha fatto un gravissimo errore nella fase finale della campagna elettorale del ballottaggio che poi ha portato all’elezione dell’attuale sindaco Fabio, quando ha voluto ricordare a tutti che, insieme ad altri, aveva dato un contributo determinante nella scelta di Anna Ferretti. Inoltre, quando lui si candidò a sindaco, Mussari garantì che il Monte dei Paschi non avrebbe avuto bisogno di un aumento di capitale, perché ce l’avrebbe fatta da sola a digerire l’acquisto di Antonveneta. Invece solo dopo le elezioni venne fuori la verità, e la Fondazione fu costretta a indebitarsi pesantemente, decretando la sua possibile fine. Quell’operazione scellerata è stata poi vidimata e assecondata da un voto unanime in consiglio comunale. Tra le persone che votarono, pur essendo nella minoranza, ci sono autorevoli esponenti della giunta di oggi, fra cui l’assessore Tucci, che poi è il sindaco ombra della città.

– Ceccuzzi dice che le ha scritto in questo periodo e che lei non gli ha mai risposto. Conferma?

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È vero. In questa fase della mia vita faccio solo cose che mi piacciono e mi divertono. Avere uno scambio di messaggi con lui è una cosa che mi deprime, non mi esalta. Lui però mi ha scritto domandandomi ragione, non certo che allacciare un dialogo. Una delle sue abitudini è mandare messaggi antipatici continuamente a tutti. Non l’ha fatto solo a me, ma a tante persone sia in questa fase che in quella precedente. A me ha chiesto spiegazioni del perché avrei detto che, oltre all’avviso di garanzia, sarebbero arrivati altri atti giudiziari. Io non mi ricordo di questa dichiarazione, ho provato a cercarla per vedere di ricostruirla ma proprio non ne ho memoria e non ne trovo traccia. Di certo mi auguravo, ed è ancora così, che qualcuno pagasse per quello che è successo alla banca, alla Fondazione, alla città in quei giorni. Purtroppo non è successo, non so se il Ceccuzzi sia personalmente responsabile, ma che a nessuno venga presentato il conto per quegli errori è qualcosa che non potrò mai digerire, e con me credo molti senesi.

– Ceccuzzi resta comunque un iscritto al Pd. Secondo lei c’è un modo di arrivare a una riappacificazione?

Sono nel cuore della Salluce, attuale segretario comunale, e di quei ragazzi che sono insieme a lei in questo difficilissimo percorso. E’ gente che vuole farsi giudicare per ciò che propone per la città e per l’opposizione che sta operando contro un’amministrazione comunale che sta facendo poco, se non occuparsi del potere, delle nomine, degli incarichi e delle assunzioni. Ormai appartengo al passato, dunque l’unico contributo che io e il Ceccuzzi possiamo fornire a questa dirigenza è di farla lavorare con tranquillità. Quello che rappresentiamo è roba da cimitero degli elefanti, rischiamo di trasformarci da casi politici in casi umani.



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